lunedì 27 febbraio 2012

IMU SUGLI IMMOBILI COMMERCIALI DELLA CHIESA NEL DECRETO LIBERALIZZAZIONI


Nessun passo indietro: le attese novità per l’esenzione ICI/IMU sugli immobili degli enti non commerciali, non ultima la Chiesa, arriveranno. Non nel DL semplificazioni fiscali, ma attraverso un emendamento al DL n. 1/2012 (DL liberalizzazioni), attualmente in fase di conversione.
L’annuncio ufficiale è arrivato ieri, in Consiglio dei Ministri, per bocca del Premier Mario Monti: l’emendamento è già stato presentato al Senato e “intende garantire la massima tempestività nell’attuazione degli auspici della Commissione europea”; in tempo, quindi, per permettere alla Commissione Ue di chiudere – è l’auspicio di Monti – la procedura aperta nell’ottobre 2010 per verificare se l’esenzione ICI possa rappresentare una violazione delle norme comunitarie.
L’assenza delle modifiche nella bozza di Decreto sulle semplificazioni fiscali aveva fatto supporre che il Governo, nonostante le rassicurazioni di Monti dei giorni scorsi deciso di soprassedere, almeno per il momento. In realtà, l’Esecutivo ha soltanto preferito intervenire nella conversione di un altro Decreto già emanato, il DL n. 1/2012, alla luce della “stretta attinenza ai temi della concorrenza, della competitività e della conformità al diritto comunitario”.
I principi a cui si dovranno ispirare le modifiche (o meglio, le precisazioni normative) sono gli stessi anticipati lo scorso 15 febbraio al Vicepresidente della Commissione Ue, Joaquin Almunia.
In sostanza, saranno esenti dall’ICI (che confluirà nell’IMU a partire da quest’anno) soltanto gli immobili in cui si svolge un’attività non commerciale in maniera esclusiva. Non saranno dunque esenti quelli in cui l’attività non commerciale sia solo prevalente. Nel caso di immobili a destinazione mista (commerciale e non), sarà espressamente esente da ICI/IMU la sola frazione di unità immobiliare dedicata all’attività non commerciale.
Al fine di stabilire il citato frazionamento, verrà introdotto un meccanismo di dichiarazione vincolata a parametri stabiliti dal Ministero dell’Economia, che dovranno individuare il rapporto proporzionale tra attività commerciali e non commerciali coesistenti nel medesimo immobile.
Stando al comunicato diffuso ieri dal Governo, non sarà peraltro possibile alcuna sanatoria, né diretta né indiretta, per gli accertamenti già in essere e per le relative sanzioni.
Quanto agli effetti sul gettito, l’Esecutivo assicura che saranno “positivi”, ma non avanza ipotesi quantitative sulle maggiori entrate, che “saranno accertate a consuntivo e potranno essere destinate, per la quota di spettanza statale, all’alleggerimento della pressione fiscale”. Secondo alcune stime, comunque, si tratterebbe di una rivoluzione da oltre mezzo miliardo di euro.
E in risposta ai timori che la stretta normativa possa mettere in ginocchio il terzo settore, il Governo sottolinea che le attività non commerciali esercitate dagli enti saranno debitamente “riconosciute e salvaguardate”, tenendo conto della particolare importanza del volontariato per il tessuto sociale nell’attuale crisi economica.
Parole non sufficienti, però, a spegnere le proteste sul nascere. Contrari all’applicazione dell’IMU alle scuole paritarie i Salesiani d’Italia, secondo cui la norma “non sarebbe né giusta, né equa”. Secondo l’ordine (che gestisce 140 scuole in tutto il Paese), le attività con rilievo pubblico, destinate “all’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e formazione”, non possono essere considerate commerciali.

SENZA MODIFICHE LE FATTURE NON PAGATE DEGLI EX MINIMI


La fuoriuscita dal regime dei minimi dal 2012 genera qualche problema interpretativo rispetto al trattamento da riservare alle fatture emesse nel corso del regime, ma che verranno pagate nel 2012 (quando, cioè, il contribuente non fruisce più del regime agevolato).
Dal punto di vista reddituale, è stato chiarito che i componenti (ricavi, compensi e spese sostenute) che, seppur di competenza del periodo soggetto al regime dei minimi (ad esempio, del 2011), non hanno formato il reddito imponibile del periodo (ad esempio, perché non hanno avuto manifestazione finanziaria in tale anno), rilevano nei periodi successivi (quindi, nel 2012) nel corso dei quali si verificano i presupposti previsti dal regime dei minimi medesimo, cioè il pagamento del corrispettivo secondo il principio di cassa (circ. Agenzia delle Entrate n. 73 del 21 dicembre 2007). Relativamente al trattamento ai fini IVA, invece, non constano chiarimenti ufficiali.
Per risolvere il problema, è necessario ricordare la disciplina relativa alla fatturazione applicabile ai contribuenti minimi.
Come precisato dalla circ. Agenzia delle Entrate n. 73 del 21 dicembre 2007, i contribuenti minimi hanno l’obbligo di certificazione dei corrispettivi; sulle fatture emesse ai sensi dell’art. 21 del DPR 633/72, deve annotarsi che trattasi di “operazione effettuata ai sensi dell’art. 1, comma 100, della legge finanziaria per il 2008”.
Da ciò emerge che, anche per tali soggetti, la fatturazione è regolata dall’art. 21 citato il quale, quanto all’emissione del documento, fa riferimento al momento di effettuazione dell’operazione, secondo i criteri dell’art. 6 del medesimo DPR, coincidente con:
- il pagamento del corrispettivo, se si tratta di una prestazione di servizi;
- la stipulazione del contratto o la consegna del bene, se si tratta di cessione di beni;
- la data di emissione della fattura, in caso di fatturazione precedente al verificarsi di uno degli eventi sopra indicati o indipendentemente da essi.
Tenendo conto di quanto sopra, nel caso in cui il contribuente minimo abbia emesso fatture senza IVA per operazioni effettuate (secondo i criteri sopra indicati) nel 2011, si ritiene che lo stesso nulla debba fare a seguito della fuoriuscita dal regime in esame dal 2012, in quanto gli obblighi ai fini IVA sono stati correttamente adempiuti seguendo le regole sopra indicate. A tal fine, non rileva che le fatture emesse nel 2011 verranno pagate nel 2012.
Si ipotizzi un professionista che, nel 2011, abbia emesso una fattura per la prestazione resa prima del pagamento del corrispettivo.
In tal caso, ai fini IVA, l’operazione si considera effettuata al momento dell’emissione della fattura senza che rilevi il momento in cui avverrà materialmente il pagamento. Quindi, qualora il pagamento sia effettuato nel corso del 2012, il soggetto nulla dovrà fare rispetto alla fattura in questione, poiché l’operazione, nel momento in cui è stata effettuata, era soggetta al regime agevolato. Resta fermo che, secondo quanto sopra indicato, il compenso concorrerà alla formazione del reddito del 2012.
Quanto sopra indicato vale in tutti i casi in cui il soggetto sia volontariamente fuoriuscito dal regime, oppure escluso dall’anno successivo (ad esempio, dal 2012) a quello in cui sono venuti meno i requisiti di accesso.
Diverso trattamento, invece, va applicato in caso di conseguimento, nel corso del periodo d’imposta, di ricavi o compensi superiori a 45.000 euro, ipotesi in cui l’esclusione dal regime opera nell’anno stesso in cui è stato raggiunto tale limite. In tal caso, come precisato dall’Agenzia delle Entrate, è dovuta l’IVA relativa ai corrispettivi delle operazioni imponibili effettuate nell’intero anno solare, determinata, per le fatture emesse nella frazione d’anno antecedente il superamento del predetto limite, mediante scorporo dal corrispettivo indicato in fattura.

ABROGAZIONE DEL DPS IMMEDIATAMENTE OPERATIVA


 Il DL 5/2012 (cosiddetto “Decreto semplificazioni”) – ancora in corso di conversione – contiene misure urgenti in materia di semplificazione e sviluppo.

Tra le semplificazioni, si segnala l’abrogazione dell’obbligo di redazione o aggiornamento del Documento Programmatico sulla Sicurezza (DPS), prescritto dal Codice della privacy e, conseguentemente, dell’autocertificazione sostitutiva del DPS laddove consentita.
Con la soppressione del DPS viene meno anche l’obbligo da parte del titolare di riferire nella relazione accompagnatoria del bilancio di esercizio, se dovuta, dell’avvenuta redazione o aggiornamento del DPS.
L’art. 45, comma 1 lett. c) e d), del DL 5/2012 ha soppresso, infatti, tutte le previsioni contenute nel Codice delle privacy che si riferiscono al DPS, quindi l’art. 34, comma 1 lett. g) e comma 1-bis, del DLgs. 30.6.2003 n. 196 e i paragrafi 19-19.8 e 26 dell’allegato B del decreto (Disciplinare tecnico in materia di misure minime di sicurezza).
Per il legislatore – così si legge nella relazione governativa – l’obbligo di predisporre e aggiornate il DPS rappresenta un adempimento meramente superfluo che, peraltro, non realizza un’effettiva tutela della sicurezza dei dati e dei sistemi informatici.
A tal riguardo, si ricorda che la tenuta di un aggiornato DPS costituiva una misura “minima” di sicurezza prevista, in relazione all’obbligo generale di protezione dei dati personali.
L’obbligo di adozione della misura minima della tenuta di un aggiornato DPS ricorreva in caso di trattamento di dati personali “sensibili” o giudiziari con strumenti elettronici (ad esempio, il computer). Soggetto obbligato alla redazione del DPS era il titolare dei trattamenti, anche attraverso il responsabile, se designato.
Il DPS andava redatto o aggiornato entro il termine annuale del 31 marzo, conservandolo presso la propria struttura ed esibendolo in caso di controllo. Il DPS non andava inviato al Garante della privacy.
Per la mancata redazione o il mancato aggiornamento del DPS, il Codice prescriveva l’applicazione di sanzioni amministrative e penali.
Viene abrogato il DPS, ma restano obbligatorie le altre misure minime di sicurezza
È bene precisare che il DPS è solo una delle misure minime di sicurezza a tutela dei dati personali. In altre parole, il DL 5/2012 ha solo eliminato il mero obbligo di documentare l’adozione delle misure minime di sicurezza per il trattamento di dati “sensibili” o giudiziari con strumenti elettronici mediante la redazione del DPS. Le altre misure di sicurezza, previste dalla normativa vigente in materia di sicurezza del trattamento dei dati personali, invece, non vengono abolite e restano obbligatorie (ad esempio, occorre ancora prevedere un sistema di autenticazione informatica, procedere all’aggiornamento almeno annuale dei programmi volti a prevenire la vulnerabilità degli strumenti elettronici, provvedere a copie di back up almeno con frequenza settimanale).
Per quanto riguarda il regime di decorrenza, il DL 5/2012, entrato in vigore il 10 febbraio 2012, non prevede una disposizione specifica. Pertanto, si riterrebbe che l’abrogazione dell’obbligo di redigere o aggiornare il DPS sia immediatamente operativa.
Ciò vuol dire che non si deve più procedere alla redazione o all’aggiornamento del DPS o della relativa autocertificazione sostitutiva entro il prossimo termine di scadenza del 31 marzo 2012.
Inoltre, non è più necessario procedere ad alcuna indicazione nella relazione accompagnatoria del bilancio di esercizio 2011.
L’abrogazione dell’obbligo della redazione/aggiornamento del DPS, anche se immediatamente operativa, è subordinata alla conversione in legge del DL 5/2012. La mancata conversione comporterebbe, infatti, la caducazione fin dall’origine dell’abrogazione dell’obbligo stesso con l’applicazione delle relative sanzioni, eccetto il caso in cui un’apposita disposizione di legge faccia salvi gli effetti del decreto decaduto.

venerdì 24 febbraio 2012

Comunicazione annuale dati iva 2012 sul 2011: Chi, quando, come, scadenza ed esonero della dichiarazione

La nuova comunicazione annuale dati iva è in scadenza per il 29 febbraio 2012 dovrà contenere i principali dati riepilogativi delle operazioni effettuate imponibili, non imponibili ed esenti effettuate nell’anno precedente: qui trovate la guida su chi, quando, come, effettuare la presentazione ed i casi di esonero della comunicazione annuale dati iva 2012.
Importante: questa è la comunicazione annuale dati iva che non ha finalità liquidatorie al contrario della dichiarazione annuale iva in cui si indicheranno molti più dati e si pagherà saldo e acconto Iva.
I soggetti titolari di partita iva dovranno predisporre la comunicazione annuale dati iva sulla base dei dati dell’anno di imposta 2011 entro la scadenza del 29 febbraio prossimo senza effettuare alcun pagamento e così ogni anno a meno di modifiche.
I soggetti obbligati alla presentazione della comunicazione annuale dei dati iva sono tutti i titolari di partita iva che sono al tempo stesso obbligati alla presentazione della dichiarazione Iva eccetto i casi di esonero indicati qui sotto a titolo di esempio.
I soggetti esonerati alla presentazione della comunicazione annuale dati iva ( e non dichiarazione Iva) sono:
·                                 I soggetti esplicitamente esonerati per disposizione normativa;
·                                 I titolari di partita iva che fanno solo operazioni esenti dall’imposta (esempio medici, guide turistiche, ecc ecc) ma solo se effettuano esclusivamente prestazioni esenti, non soggette non imponibili o fuori campo iva. Le operazioni esenti le potete trovare riepilogate nell’articolo 10 del Dpr 633 del 1972.
·                                 Titolari di partita iva che hanno fatto opzione per la non applicazione dell’imposta ex art. 36-bis del DPR 622 del 1972 e anche se sono tenuti comunque alla presentazione della dichiarazione annuale iva o modello Iva.
·                                 Sono esonerati anche i produttori agricoli ex art 34, c.6 del dpr 633 del 1972 e sempreché nell’anno di imposta abbiano avuto un volume d’affari inferiore ai 7.000;
·                                 Titolari di partita IVA che dovranno presentare la comunicazione iva perché esercitano attività di organizzazione di giochi, di intrattenimenti ed altre attività indicate nella tariffa allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, quali coloro che svolgono esecuzioni musicali di qualsiasi genere, ad esclusione dei concerti musicali vocali e strumentali, e trattenimenti danzanti anche in discoteche e sale da ballo quando l’esecuzione di musica dal vivo sia per di durata inferiore al cinquanta per cento dell’orario complessivo di apertura al pubblico dell’esercizio, utilizzazione dei bigliardi, degli elettrogrammofoni, dei bigliardini e di qualsiasi tipo di apparecchio e congegno a gettone, a moneta o a scheda, da divertimento o trattenimento, anche se automatico o semiautomatico, installati sia nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia in circoli o associazioni di qualunque specie; utilizzazione ludica di strumenti multimediali gioco del bowling, noleggio gokart, ingresso nelle sale da gioco per scommesse, esercizio del gioco nelle case da gioco o altri locali
·                                 Titolari di partita iva che dovranno presentare la comunicazione iva annuale ed hanno dato in affitto l’unica azienda nonchè le imprese individuali che abbiano dato in affitto l’unica azienda e non hanno effettuato altre operazioni che rilevano ai fini iva
·                                 I titolari di partita iva che però hanno esercitato l’opzione per le dispense per i soggetti che percepiscono proventi da prestazioni connesse ad operazione per scopi istituzionali
·                                 I soggetti considerati fiscalmente residenti all’estero e fuori dalla comunità economica europea che si sono identificati ai fini iva ex art. 74 quinques e che effettuano prestazioni tramite mezzi elettronici a soggetti non titolari di partita iva e residenti all’estero non soggetti passivi d’imposta in italia o in un altro stato membro della comunità economica europea.
·                                 I soggetti che seppur titolari di partita iva che sono organi dello Stato, amministrazioni dello Stato, comuni, consorzi tra enti locali, associazioni e enti gestori di demani collettivi, comunità montane, le province e le regioni, enti pubblici che svolgono funzioni statali, previdenziali, assistenziali e sanitarie, comprese, aziende sanitarie locali, i soggetti sottoposti a procedure concorsuali;
·                                 Soggetti (persone fisiche) che seppur titolari di partita iva hanno realizzato nell’anno un volume d’affari inferiore ai 25.000 e anche se sono tenuti alla presentazione della dichiarazione annuale dei dati iva con il modello iva che potete trovare nella sezione moduli da scaricare. 
·                                 Non sono obbligati alla presentazione della dichiarazione iva, anzi della comunicazione annuale dei dati iva sull’anno precedente nonchè i soggetti che hanno aderito al regime naturale dei professionisti ossia il regime dei minimi, ma [anche coloro che hanno aderito al regime delle nuove iniziative imprenditoriali ex art. 13 della L.388 del 2000 purchè con volume d'affari inferiore ai 25.822,84];
·                                 Le persone fisiche titolari di partita Iva che presentano la dichiarazione annuale entro la fine del mese di febbraio (grazie P.): vedere anche la nuova circolare dell’agenzia delle entrate numero 1 del 2011 a tal proposito.
·                                 Dal prossimo anno saranno esonerati anche i soggetti che presentaranno la dichiarazione annuale Iva autonoma entro l’ultimo giorno del mese di febbraio perchè risultanti a credito (novità introdotta con la finanziaria 2010 che ha previsto l’esonero dalla comunicazione annuale dati iva annuale nel caso in cui si decida di presentare la dichiarazione annuale dati iva separata da Unico);
Saranno obbligati alla presentazione della comunicazione annuale dei dati iva i titolari di partita iva sulla base dei dati iva dell’anno precedente coloro che hanno registrato operazioni intracomunitarie (art. 48, comma 2, D.L. 331 del 1993) oppure abbiano effettuato operazioni in regime di reverse charge.
Cosa va indicato nella comunicazione annuale dati iva 2011
Nella comunicazione andranno indicati tutte le operazioni effettuate nel corso dell’anno e quindi dalle risultante delle liquidazioni periodiche, eventuali conguagli, l’iva detratta nel corso del’anno in modo da determinare l’iva eventualmente dovuta o da utilizzare a credito o in compensazione nelle liquidazioni periodiche dei mesi successivi senza tener conto delle eventuali operazioni di rettifica e di conguaglio del calcolo del pro rata definitivo mentre non si dovranno indicare le compensazioni iva effettuate nel corso dell’anno, l’iva a credito risultante dal periodo precedente, i rimborso infrannuali.
Quando e come presentare la comunicazione annuale dati iva 2011
La scadenza per la trasmissione telematica del modello per la comunicazione annuale dati IVA  è del 28 febbraio e può essere presnetate con le stesse modalità previste per la dichiarazione annuale dati iva ossua tramite Fisconline ed Entratel o direttamente dal contribuente o tramite intermediari abilitati (scelta consigliata). Essendo la scadenza della comunicazione annuale dati IVA perentoria dovrebbero essere comminate sanzioni amministrative o multe per l’omesso o il ritardo nella comunicazione da 258 a 2.065 euro.
Aggiornamento dopo il Pacchetto Vat 2010: vi consiglio di rivedere le operazioni da inserire nella comunicazione annuale Iva alla luce delle modifiche che hanno interessato l’identificazione dei soggetti obbligati al pagamento dei tributo nei criteri di identificazione. Questo perchè alcune operazioni che precedentemente erano consideratoe non imponibili ora sono da considerarsi come fuori campo Iva e non rientreranno nel volume d’affari Iva. Parlo in particolare dei servizi legati alle prestazioni accessorie sui trasporti intracomunitari come lavorazioni e trasporto di merci e che ora proprio in virtù di questo non entreranno nella comunicazione.
Il nuovo modello di comunicazione annuale dati IVA deve essere presentato esclusivamente in via  telematica,  entro  il  mese  di  febbraio dell’anno successivo a quello a cui si riferisce e occhio sempre al giorno di scadenza che laddove coincida con un giorno festivo slitta a quello lavorativo successivo. La presentazione telematica può avvenire:
·                                 direttamente a cura del contribuente
·                                 tramite intermediari abilitati.
La prova  della  presentazione  della  comunicazione  dati  IVA  è  data dall’attestazione rilasciata dall’Agenzia  delle  Entrate  che  ne  conferma l’avvenuto ricevimento. Tale  attestazione  è  trasmessa  telematicamente  all’utente   che   ha effettuato l’invio entro cinque giorni lavorativi successivi alla ricezione, da parte dell’Agenzia delle Entrate, della comunicazione dati suddetta.
Se non presento la comunicazione annuale dati iva o la presento in ritardo
Se non invio la comunicazione non sono soggetto a sanzioni: l’unica cosa è che in caso di omissione della comunicazione  o  dell’invio  della stessa con dati incompleti o inesatti si applica la sanzione  amministrativa da 258 a 2.065 euro.
Modello e Istruzioni sono disponibili sul sito dell’agenzia delle entrate.

mercoledì 22 febbraio 2012

PER LA SRL SEMPLIFICATA, OCCORRE IL DECRETO


L’art. 3 del DL n. 1/2012 ha introdotto per i giovani “under 35” un nuovo tipo di società, la società semplificata a responsabilità limitata di cui al nuovo art. 2463-bis c.c.
Semplificata, come noto, in punto regime agevolato previsto dal Legislatore per le formalità di costituzione.
Tale prescrizione già immediatamente operativa dal 24 gennaio 2012, data di entrata in vigore del DL 1/2012, è stata però di fatto limitata dallo stop dato dalle Camere di Commercio per l’iscrizione nel Registro delle imprese.
In attesa, infatti, del decreto attuativo che predisporrà lo statuto standard della società e che individuerà anche i criteri di accertamento delle qualità soggettive dei soci, sembra che le Camere di Commercio abbiano bloccato l’iscrizione nel Registro delle imprese di tale nuova tipologia societaria (si vedano le note informative diramate dalle Camere di Commercio, ad esempio, di Milano, Torino, Roma e Venezia).
Il decreto andrà emanato entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del DL n. 1/2012, termine per la conversione previsto per il prossimo 24 marzo 2012 e attualmente all’esame del Senato (A.S. 3110).
Secondo le Camere di Commercio, le domande presentate prima dell’emanazione del predetto decreto attuativo saranno così rifiutate.
Ma veniamo ai punti fondamentali della srl semplificata: avere meno di 35 anni e possibilità di prevedere un capitale sociale minimo di un euro quale importo di valore simbolico, sottoscritto e interamente versato alla data della costituzione.
Per la sua costituzione, con contratto o con atto unilaterale (quindi, la società può essere anche unipersonale), basta una scrittura privata da depositare nel Registro delle imprese entro 15 giorni a cura degli amministratori a mezzo della procedura di comunicazione unica, esente da bolli e diritti di segreteria. Nei 15 giorni successivi, il Registro delle imprese accerta le condizioni e iscrive (non per ora almeno) la società. In mancanza, il Giudice del Registro, adito da uno degli amministratori, verificata la sussistenza dei presupposti e ordina con decreto l’iscrizione.
A tal proposito, anche in considerazione della ratio sottesa alla norma, ossia favorire l’iniziativa imprenditoriale dei più giovani e meno abbienti tramite la partecipazione a strutture associative senza i limiti rigorosi previsti per le società di capitali, per la costituzione della società non dovrebbe occorrere l’intervento del notaio. L’atto costitutivo deve essere redatto per scrittura privata: pertanto, non servirebbe l’atto pubblico né la scrittura privata autenticata (così la Camera di Commercio di Venezia). È stato osservato, però, che sarebbe opportuna – stando alle osservazioni poste nella scheda di lettura al Ddl. di conversione del DL n. 1/2012 (A.S. 3110), elaborato dal Servizio Studi del Senato – una formulazione normativa più chiara, anche alla luce della portata generale dell’art. 11, comma 4, del DPR 581/95, ai sensi del quale l’atto da iscrivere nel Registro delle imprese deve essere depositato in originale con sottoscrizione autenticata se si tratta di scrittura privata non depositata presso un notaio e, negli altri casi, in copia autentica. Così, in sede di conversione in legge, si richiama la precisazione proprio di tale ultimo punto, e cioè se per il riferimento alla “scrittura privata” contenuta nell’art. 3 del DL 1/2012 debba intendersi la sufficienza della scrittura privata semplice o la necessità dell’autentica per l’iscrizione nel Registro delle imprese.

VERSO IL TERZO PRINCIPIO CONTABILE PER GLI ENTI NON PROFIT


Il cosiddetto “terzo settore” ricopre per il nostro Paese un ruolo fondamentale, sia per quanto riguarda l’aspetto sociale, sia per quanto concerne l’impatto economico e finanziario dell’attività svolta. Basti pensare che, secondo le ultime rilevazioni, sono operativi sul territorio nazionale più di tre milioni di volontari e la ricchezza prodotta dal movimento delle organizzazioni impegnate nel non profit è quantificabile nel 4% circa del PIL.
Gli enti non profit non hanno assetti proprietari ben definiti e l’elemento della trasparenza e dell’accountability appare perciò cruciale: coloro che sono chiamati a gestire le risorse di tali organizzazioni sono tenuti ad “agire” per perseguire le finalità dell’ente, rappresentanti le aspirazioni degli stakeholder che, a vario titolo, interagiscono con l’ente.
In questa prospettiva, il ruolo del professionista è essenziale. Suo il compito di portare la propria professionalità all’interno di strutture spesso carenti dal punto di vista dell’organizzazione, della conoscenza delle disposizioni fiscali e giuridiche, della tecnica della rappresentazione economico-finanziaria e sociale. La condivisione di regole tecniche è un elemento imprescindibile per presentare documenti credibili e non semplici “strumenti di marketing”. La standardizzazione delle disposizioni che governano la redazione del bilancio – sia economico-finanziario che sociale – è un elemento di garanzia per chi legge, per chi vuole donare e per chi eroga contributi, oltre ad essere una soluzione ai problemi più ricorrenti per chi è tenuto a predisporre e/o controllare i conti annuali.
La definizione di disposizioni tecnico-contabili “standard”, tuttavia, non è sempre semplice, anche perché il terzo settore, prima ancora di essere un “settore”, costituisce un movimento di organizzazioni che operano nei più svariati campi del mondo-sociale; la rendicontazione di una casa di cura trova, in effetti, apparentemente pochi punti in comune con l’associazione culturale o con la fondazione culturale.
Il Tavolo tecnico con Agenzia per il Terzo Settore e l’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) è nato, propriamente, per la statuizione di “principi contabili nazionali per gli enti non profit”. Curiosità piacevole è che i componenti del Tavolo tecnico, designati dai tre organismi, sono tutti dottori commercialisti iscritti al relativo Albo.
Fino ad oggi sono stati emanati due principi contabili, e precisamente:
- primo principio contabile: “Quadro sistematico per la preparazione e la presentazione del bilancio degli enti non profit”;
- secondo principio contabile, in fase di consultazione: “L’iscrizione e la valutazione delle liberalità nel bilancio d’esercizio degli enti non profit”.
L’emanazione di tali norme segue un iter procedurale assimilabile, laddove possibile, a quanto previsto per i principi contabili nazionali per le imprese: in estrema sintesi, il Tavolo tecnico prima emana una bozza per pubblici commenti e, dopo un periodo di consultazione pubblica, tenendo in considerazione le osservazioni pervenute, il testo definitivo.
I principi contabili emanati dal Tavolo tecnico saranno tradotti in inglese per essere sottoposti, con l’ausilio delle strutture e organizzazioni competenti, all’attenzione e al confronto degli altri Paesi europei.
Il secondo principio contabile ha lo scopo di definire alcune linee guida da seguire nel processo di iscrizione e valutazione delle “liberalità” vincolate e non vincolate, le liberalità condizionate, le liberalità destinate a enti terzi e oggetti d’arte nel bilancio d’esercizio degli enti non profit (ENP), al fine di fissare trattamenti contabili uniformi e migliorare la comparabilità dei dati degli enti che operano nel terzo settore. Il documento pone particolare attenzione alla rilevazione delle liberalità ricevute da parte degli ENP e alla valutazione iniziale. Infatti, si statuisce che i beni  “liberalità non monetarie” sono iscritti in sede di rilevazione iniziale coerentemente con la loro natura e tipologia:
- al fair value identificato dal valore di mercato o da altro valore capace di rappresentare i benefici economici che affluiscono all’ENP per mezzo di tale bene;
- qualora il fair value non fosse reperibile per i beni immobili, al valore catastale.
Nel caso in cui il valore del bene non sia stimabile in modo attendibile, il bene non è iscritto nello Stato patrimoniale, ma illustrato nelle sue caratteristiche generali in Nota integrativa. Il principio esamina e approfondisce, inoltre, le problematiche inerenti alla contabilizzazione delle “liberalità”, nella prospettiva in cui l’ENP utilizzi un sistema contabile articolato sulla “competenza economica”, così come previsto dal primo principio contabile, individuando disposizioni tecniche anche per gli ENP che adottano un sistema di rilevazione per flussi di cassa.
Il Tavolo tecnico è all’opera per definire argomenti e contenuti del “terzo principio contabile degli ENP”.

martedì 21 febbraio 2012

SEMPLIFICAZIONI FISCALI, PRIMO «PACCHETTO» AL CONSIGLIO DEI MINISTRI DI VENERDÌ


Prima le semplificazioni, poi, a maggio, l’attuazione della delega per la riforma fiscale, attraverso la quale “legare” la lotta all’evasione al calo dell’IRPEF.
In sintesi, stando alle ultime indiscrezioni, sarebbe questo il piano del Governo, che, per adeguare il sistema fiscale italiano nell’ottica della funzionalità e dell’equità, dovrebbe lavorare su quattro fronti:
 - semplificazioni;
- calo IRPEF con lotta all’evasione;
- tagli alle agevolazioni inutili, senza un nuovo aumento dell’IVA;
- riforma del Catasto.
Venerdì dovrebbe approdare, in Consiglio dei Ministri, un “primo pacchetto”, sotto forma di decreto, come ha annunciato il premier Mario Monti parlando alla Borsa di Milano. Il punto di partenza – ha spiegato – è rendere “la vita più facile ai contribuenti onesti”. Poi, si punterà “a far affluire ai contribuenti onesti in forma di minor aggravio fiscale, man mano che sarà possibile, il gettito della lotta accresciuta contro l’evasione”.
Per ciò che concerne il provvedimento all’esame dei CdM di venerdì, esso potrebbe chiarire che la prima rata dell’IMU del 16 giugno si dovrebbe pagare considerando le aliquote base (4 per mille per la prima casa e 7,6 per mille per gli altri immobili) e versando la metà dell’importo annuale. I Comuni, infatti, dovrebbero poter decidere di modificare le aliquote fino a tutto il mese di giugno e, in tal caso, i cittadini ne dovrebbero tener conto nel saldo di dicembre.
Ancora, la detrazione familiare prevista dovrebbe valere una sola volta per nucleo familiare e potrebbe arrivare di nuovo la dichiarazione ICI (ora IMU) nel caso di cambiamento della titolarità dell’immobile.
Nel provvedimento potrebbe poi trovare spazio la riscossione: nel caso di pignoramento, infatti, l’imprenditore potrebbe essere nominato custode dei beni strumentali pignorati, in modo che ci sia continuità produttiva (e si possa pagare il debito con il Fisco).
Il decreto non dovrebbe prevedere una quantificazione degli incassi, ma di certo contenere norme di lotta all’evasione, come la reintroduzione dell’elenco “clienti e fornitori”, la comunicazione di operazioni tra partite IVA superiori a 3.000 euro, un aumento delle multe per chi esporta capitali all’estero, l’ingresso nell’elenco dei contribuenti “a rischio”, controllati quindi ogni anno, dei soggetti che vengono sorpresi a non staccare scontrini o non rispondono ai questionari sugli studi di settore. Oltre a una “stretta” sui bookmaker illegali, potrebbero poi esserci novità per gli acconti IRES e potrebbe aumentare la soglia minima per le contestazioni al Fisco: norma, quest’ultima, che non dovrebbe valere per chi arrotonderà gli importi da pagare in modo “seriale”.
Invece, in relazione all’attuazione delle delega fiscale, per la quale, come tempi, si parla del mese di maggio, una delle misure potrebbe consistere nell’ipotesi, strettamente legata ai risultati della lotta all’evasione, di una riduzione dell’aliquota IRPEF più bassa al 20%, per la quale servirebbero però 15 miliardi. Potrebbe quindi essere più probabile che la semplificazione dell’aliquota passi anche attraverso un ridisegno delle diverse classi di reddito, magari con un allargamento del primo scaglione per far rientrare più cittadini nella fascia meno tassata.
A ciò dovrebbe accompagnarsi il taglio lineare delle detrazioni e deduzioni fiscali, onde evitare l’aumento dell’IVA dal 21% al 23% a ottobre. Il Governo punterebbe infatti a una selezione delle “agevolazioni”, spesso affastellate nel corso degli anni, anche se non dovrebbero correre rischi quelle per famiglie, lavoratori e pensionati.
Infine, la riforma del Catasto, mediante la sostituzione dei vani catastali con i metri quadrati, con un adeguamento dei valori a quelli reali di mercato, ora 3,73 volte più alti. La riforma, però, che dovrebbe servire a riequilibrare gli estimi delle grandi città sperequati tra centro e periferia, sarebbe a costo zero: l’adeguamento della base imponibile dovrebbe essere accompagnato da una riduzione delle aliquote sulle imposte immobiliari.

lunedì 20 febbraio 2012

Crisi, mafia, speculazione sfuma l'oro verde di Vittoria

Chiuse 1.500 aziende, l'incubo sono gli ortaggi magrebini. Molti terreni rilevati da extracomunitari con grandi capitali. Il mercato è un far west gestito da 10 commissionari che impongono listini da fame dal nostro inviato ANTONIO FRASCHILLA

VITTORIA - La terra dell'oro sta diventando poco più che una miniera di carbone. Attraversando le distese di serre che digradano verso il mare, si vedono campi abbandonati e facce nuove: quelle degli immigrati, arrivati come braccianti e diventati padroncini. E oggi, il giorno dopo il via libera di Bruxelles all'invasione di pomodori e melanzane dal Marocco, i volti degli agricoltori sono ancora più tesi e preoccupati in questo triangolo una volta milionario tra Ragusa, Vittoria e Santa Croce Camerina.

Il Nord Africa fa sempre più paura: "Noi dell'associazione "Arcobaleno" - dice il presidente Carmelo Criscione - raggruppiamo 13 produttori per 70 ettari di serra e facciamo 3,5 milioni di fatturato. Vendiamo direttamente a grossisti tedeschi e riusciamo a piazzare il pomodorino anche a 1,30 euro al chilo. Ma oggi ho ricevuto una telefonata da un grossista tedesco: ti do un euro e dieci, mi ha detto, perché dal Marocco arrivano già a un euro".

Lo sconto dei dazi al Marocco avrà l'effetto di una mazzata in questo angolo di Sicilia che per anni ha prodotto una ricchezza smisurata sotto forma di pomodori a grappolo e oggi non garantisce più la sopravvivenza a un esercito di piccoli produttori che si va sempre di più assottigliando, visto che negli ultimi tre anni qui hanno chiuso i battenti 1.541 aziende sulle 10.500 attive nel 2009.

Ma che alimenta ancora il mercato dell'ortofrutta di Vittoria, il più grande del Sud e uno dei più importanti d'Europa, con un valore di merce acquistata pari a 250 milioni di euro, senza contare il sommerso. Un mercato attorno al quale orbitano 27 mila braccianti e 3.500 piccoli proprietari terrieri, che ieri con tre ettari avevano un reddito garantito di 250 mila euro e oggi non arrivano a fine mese, strozzati dall'aumento dei costi di produzione e da una doppia morsa: la giungla del mercato di Vittoria e una concorrenza internazionale sempre più forte.

Uno dei motivi della crisi è proprio il mercato di Vittoria. Una sorta di far west, gestito in parte da commissionari onesti in parte da una cartello "di una decina di persone che impone prezzi da fame ai piccoli produttori" e si arricchisce alle loro spalle, come denunciato da una recentissima indagine della Guarda di finanza. Le dieci persone in questione sono un gruppo di commissionari: figura, quest'ultima, che esiste a Vittoria e in nessun altro mercato ortofrutticolo del mondo.

Si tratta di intermediari che, in base a un regolamento datato 1971, fanno da tramite fra i commercianti e il piccolo produttore che ogni mattina alle 5 porta la sua merce al mercato. Ma che succede se qualche commissionario, come scoperto dalle Fiamme gialle guidate dal colonnello Francesco Fallica, è anche produttore e commerciante? Succede che fa i propri interessi e non quelli del piccolo agricoltore. Non a caso i reati contestati vanno dalla "truffa ai danni dei fornitori" all'estorsione, passando per il "ribasso fraudolento dei prezzi". E questo senza contare presenze inquietanti nel mercato, come quella del "figlio del noto Francesco D'Agosta, condannato per associazione mafiosa".

Il risultato è che ieri come sempre Giovanni è arrivato al mercato di prima mattina: "A quanto me le fate queste melenzane?", ha chiesto al commissionario. "65 centesimi al chilo", è la risposta, secca. "Ma come, a me sono costate 60 centesimi, che ci guadagno?", ribatte l'agricoltore. Dieci anni fa la stessa melanzana veniva venduta a 15 centesimi in più e il costo per produrla era di 15 centesimi in meno. Il guadagno, per l'agricoltore, è crollato da 35 a 5 centesimi. Lo stesso discorso vale per il pomodorino, che viene comprato dal produttore a 1,10 euro al chilo ma nei supermercati arriva a essere venduto anche a 3-4 euro. Adesso il Comune di Vittoria sta cercando di mettere ordine in questo suk nel quale è impossibile anche controllare la tracciabilità dei prodotti e sono stati denunciati casi di pomodoro tunisino mischiato con quello siciliano.

Nel mercato transita però solo il 60 per cento della produzione locale. Il resto viene commercializzato direttamente dalle poche organizzazioni di produttori che stanno cercando di fare sistema, dopo le fallimentari esperienze delle cooperative naufragate in crac clamorosi, come accaduto con la "Rinascita". Ma anche per i grandi produttori le spese sono aumentate: il concime costa 200 euro al quintale (tre anni fa appena 70 euro), la benzina agricola 70 centesimi al litro (tre anni fa 45 centesimi): "Ai costi occorre aggiungere l'elevato indebitamento di tutti gli imprenditori - aggiunge Criscione - e rimane un problema serio di infrastrutture". Le strade sono pessime, le buche non si contano più e ci sono poche aziende di trasporto, alcune poco raccomandabili.

Il risultato complessivo è che per la prima volta qualcuno ha venduto la terra dei propri nonni e dei propri padri. Una volta considerata il patrimonio di famiglia inalienabile, oggi la si mette all'asta. E a comprarla sono talvolta magrebini sbarcati qui trent'anni fa come braccianti: attualmente sono circa 800 le aziende tunisine e algerine, "e in alcune sedi come Santa Croce Camerina ormai il 50 per cento degli iscritti alle organizzazione dei produttori è straniero", dice Giuseppe Drago, segretario provinciale della Cia.

Ma dove prendono questi capitali gli immigrati? Il sospetto della Guardia di finanza è che, accanto agli onesti ex braccianti che hanno messo da parte quel poco di guadagno accumulato negli anni, alcuni siano solo "prestanome magari di commissionari o, peggio, di anonime srl". E, in Sicilia, si sa che spesso è la mafia ad avere capitali da investire. C'è poi un ultimo fenomeno che mai si era visto da queste parti: l'abbandono delle serre. Su novemila ettari in serra, circa il 10 per cento non è più coltivato.
[http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-palermo/2012/02/18/news/crisi_mafia_speculazione_sfuma_l_oro_verde_di_vittoria-30084256/?ref=HREC2-6]

CONTANTI SENZA LIMITI PER I TURISTI STRANIERI


Tracciabilità meno rigida per gli acquisti degli stranieri in Italia. Nel decreto sulle semplificazioni fiscali che questa settimana sarà all'esame del Consiglio dei ministri, si punta ad attenuare l'effetto del tetto massimo per i pagamenti in contante facendo un'eccezione per non deprimere gli acquisti di beni made in Italy da parte dei turisti. Una deroga al nuovo limite dei mille euro, introdotto a inizio di dicembre dalla manovra Monti, per venire incontro alle esigenze dei commercianti al dettaglio, in particolar modo di quelli che operano nelle zone ad alta presenza di soggetti provenienti da altri Paesi. La norma allo studio del Governo impone, però, comunque due condizioni al dettagliante. Prima di tutto, dovrà chiedere e fotocopiare il passaporto del cliente. Gli importi incassati per gli acquisti da mille euro in su non potranno rimanere in negozio. Il commerciante dovrà depositarli entro due giorni sul suo conto corrente e al momento stesso del versamento dovrà consegnare alla banca la fotocopia del passaporto dell'acquirente straniero e del documento che certifica il pagamento della somma. Un modo per limitare l'eventuale aggiramento dei vincoli sul contante che potrebbero essere tentati dalle organizzazioni criminali (soprattutto attraverso stranieri compiacenti) per riciclare denaro sporco.
Non sarebbe comunque il solo correttivo alle norme introdotte poco più di due mesi fa. La segnalazione dell'infrazione rilevata sullo stop al contante non dovrebbe più essere trasmessa alle Entrate, come attualmente previsto, ma dovrebbe essere prevista un'ulteriore fase di filtro: la violazione arriverà alla Guardia di Finanza, che in presenza di elementi fondati per l'accertamento metterà al corrente l'Agenzia. Nel pacchetto semplificazioni sono destinate a entrare anche altre misure sui controlli e antievasione. Dalle maxisanzioni doganali per bloccare la fuga dei capitali all'estero a quelle per i prodotti contraffatti, dalle compensazioni che tornano sotto osservazione alla nuova operazione di pulizia delle partite Iva inattive. E alla luce delle operazioni a Cortina, Roma, Milano, Napoli e Sanremo, potrebbe arrivare anche una norma ad hoc per inserire autonomi, negozianti ed esercenti che non emettono lo scontrino nelle liste selettive dei soggetti da accertare.
La vera chiusura del cerchio dovrebbe arrivare, poi, con un mini restyling della giustizia tributaria, già al centro di ritocchi sostanziosi con le manovre estive dello scorso anno. La tassa d'ingresso per il contenzioso in caso di ricorso cumulativo dovrà essere pagata in base al valore di ogni singolo atto impugnato. Mentre se in appello il ricorrente contesterà le sole spese di giudizio, il contributo unificato sarà calcolato solo con riferimento a queste ultime. L'istituzione delle sedi staccate delle sezioni di secondo grado dovrebbe diventare facoltativo e non più obbligatorio. Il limite anagrafico per i concorsi interni tra i magistrati sarà equiparato a 72 anni come quello per quelli esterni. Mentre il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria dovrà comunicare almeno un anno prima i posti che i magistrati libereranno per aver raggiunto l'età massima. Anche la macchina amministrativa dei Tribunali del fisco è destinata a essere rivista con un riassetto delle competenze sulla gestione del personale e dell'organizzazione del lavoro. Il tutto nell'obiettivo di far funzionare in modo ancora più efficiente la giustizia tributaria come sentinella nel recupero della lotta all'evasione. Recupero che dovrebbe essere poi destinato alla riduzione del prelievo sui contribuenti facoltosi: ma a questo dovrebbe pensare la riscrittura della delega per la riforma fiscale.

CARTELLE ALLA SOCIETÀ NON «IMPUTABILI» AL COMMERCIALISTA


Spetta alla società provare che le maggiori somme pretese dal Fisco sono colpa del commercialista.
A precisarlo è un’interessante sentenza del Tribunale di Genova del 20 gennaio scorso.
Nel caso di specie, una società agiva contro il suo ex commercialista (cui era stato affidato l’incarico di tenere la contabilità, procedere alla redazione delle dichiarazioni e provvedere alle attività prodromiche e consequenziali) ritenendolo responsabile dell’emissione nei propri confronti di talune cartelle esattoriali, in relazione alle quali lamentava di aver dovuto effettuare un non precisato esborso (per il quale si limitava a rinviare alle cartelle prodotte). Evidenziava, inoltre, il fatto di essere stata costretta a rivolgersi ad un altro commercialista, sopportando un onere economico da imputare anch’esso al professionista convenuto.
Quest’ultimo negava ogni sua responsabilità, affermando, tra l’altro, di essersi limitato a redigere le dichiarazioni sulla base di quanto gli veniva (spesso in ritardo) sottoposto.
Il Tribunale di Genova evidenzia, in primo luogo, come la domanda presentata dalla società fosse “molto prossima al limite della nullità per indeterminatezza dell’oggetto”. Ad ogni modo, la stessa è reputata erronea nella sua premessa. Non ha senso, infatti, l’affermazione per cui, ove assistita da un commercialista diligente, una società non possa essere destinataria di pretese tributarie diverse da quelle evidenziate dallo stesso nell’autoliquidazione delle imposte, con la conseguenza che sarebbe il commercialista a dover dimostrare che l’emissione delle cartelle esattoriali non dipende da una sua negligenza.
Ogni professionista è tenuto a dimostrare la propria diligenza solo nel caso in cui sia prima provato un vincolo di causalità materiale almeno tra la sua attività genericamente intesa e il danno (cfr., tra le altre, Cass. n. 27000 del 15 dicembre 2011). In particolare, avvisi di accertamento e riscossione forzata delle imposte possono dipendere da:
-         comunicazione di dati erronei al commercialista (con responsabilità del solo contribuente);
-         errore di autoliquidazione da parte del commercialista (con responsabilità dello stesso);
-         errore nell’attività di accertamento dell’Amministrazione finanziaria (errore da contestare innanzi al Giudice tributario);
-         errore di mero fatto nell’attività di riscossione (con responsabilità del concessionario);
-         mero mancato pagamento (con responsabilità del contribuente o di chi, dallo stesso, è incaricato dell’adempimento).
Il commercialista può entrare in gioco solo nella seconda e nella quinta ipotesi; ma di tutto ciò non vi è traccia nell’atto di citazione, dove ci si limitava ad accostare l’incarico conferito alle cartelle pervenute. Ciononostante – “per spirito conservativo”, si legge nella motivazione – il giudice genovese reputa implicite quelle che avrebbero dovuto essere le contestazioni nei confronti del commercialista ed affida ad un consulente tecnico il compito valutare la condotta del professionista. Ne emerge che l’emissione delle cartelle conseguiva solo ed esclusivamente da mancati pagamenti.
Il problema, allora, diviene semplicemente quello di stabilire se tale violazione era dipesa dalla predisposizione di modelli F24 erronei ovvero dalla mancata presentazione dei modelli medesimi. La società, però, non forniva alcuna prova della delega al professionista al pagamento delle imposte, mentre solo tardivamente sosteneva la tesi della erronea compilazione dei modelli. In relazione a tale aspetto, peraltro, il Tribunale osserva come occorra considerare che, qualora i versamenti non risultino in linea con l’autoliquidazione, l’Amministrazione finanziaria invia il cosiddetto “avviso bonario” (ex art. 36-bis del DPR 600/73), a seguito del mero controllo automatico, aderendo al quale il contribuente può mettersi in regola con un modesto onere aggiuntivo rispetto ai tributi effettivamente dovuti; e, quindi, le allegazioni teoricamente opportune avverso il professionista avrebbero dovuto comprendere anche l’occultamento degli avvisi bonari.
Da tutto ciò consegue il rigetto della domanda della società, anche nella parte relativa al compenso dovuto al nuovo commercialista. Non si comprende, infatti, osserva il giudice, come tale onere possa essere automaticamente imputato al professionista convenuto, senza chiarirne in alcun modo le responsabilità.

SOCIETÀ DI PERSONE: ACCERTAMENTO CON ADESIONE E LITISCONSORZIO NECESSARIO


Più volte ci si è soffermati sulle problematiche che la tesi del litisconsorzio necessario tra soci e società comporta sul versante procedurale, vuoi perché i soci hanno diverso domicilio fiscale (si veda “Litisconsorzio necessario con duplice domicilio fiscale” dell’11 marzo 2011), vuoi perché possono sussistere cause di proroga dei termini di accertamento che non operano per tutti i litisconsorti, per non parlare, poi, di ciò che potrà succedere all’interno del neointrodotto procedimento di reclamo, ma questa non è la sede per soffermarsi su tale aspetto.
Una delle tante questioni che non sono ancora state esaminate in maniera adeguata concerne i nessi tra litisconsorzio necessario e istituti deflativi del contenzioso.
Nell’accertamento con adesione, l’art. 4 del DLgs. 218/97 consente espressamente che l’adesione possa essere perfezionata solo dalla società: in tal caso, l’atto sul maggior reddito di partecipazione verrà emesso sulla base del reddito definito dalla società, senza ovviamente alcuna riduzione delle sanzioni.
La Corte di Cassazione, con la sentenza 27145 del 2011, ribadisce una tesi a nostro avviso incompatibile con il litisconsorzio necessario, ovvero che, nonostante il vincolo litisconsortile, anche solo uno dei litisconsorti può definire la propria posizione (la sentenza riguarda il cosiddetto “concordato di massa”, ma, a quanto pare, i principi sembrano dotati di valenza generale).
Quindi, è chiaro che, una volta che uno dei litisconsorti abbia ad esempio optato per l’acquiescenza, gli altri ben possono presentare ricorso.
In questo caso, la Corte sostiene espressamente: “Resta evidentemente salva la possibilità del socio di contestare la pretesa tributaria spiegata contro di lui convenendo in giudizio anche la società e gli altri soci, attesa la unitarietà del presupposto impositivo”.
Non è chiaro che cosa si intenda dire: il socio che impugna può convenire in giudizio gli altri soci solo se questi non hanno già definito la propria posizione, oppure devono essere chiamati in causa tutti i litisconsorti, anche se hanno definito? Se così è, che senso ha far partecipare al processo un litisconsorte che magari ha già optato per l’acquiescenza? Certo è che, una volta prestata ad esempio acquiescenza, anche se gli altri litisconsorti vincono in toto, le somme non possono essere oggetto di restituzione.
Allora, come già detto negli interventi sopra citati, o si opta per il litisconsorzio necessario, e se ne accettano le conseguenze, o si abbandona tale principio, e si ritorna alla tesi dell’autonomia sia sostanziale sia processuale delle situazioni giuridiche soggettive.
Se si accoglie la tesi del litisconsorzio necessario, è inammissibile sostenere, come fatto dalla Cassazione, che anche uno solo dei litisconsorti possa definire la propria posizione, visto che in tal caso viene per forza meno l’unitarietà della situazione giuridica, data dall’imputazione per trasparenza del reddito prodotto dalla società.

mercoledì 15 febbraio 2012

Il bollo sulle attività scudate «segue» i conti segretati


Con il provvedimento n. 2012/24832 di ieri, 14 febbraio 2012, l’Agenzia delle Entrate ha approvato le disposizioni di attuazione relative alle nuove imposte sulle attività scudate introdotte dal Decreto Monti.
L’art. 19, commi 6 e ss. del DL 201/2011 convertito, infatti, ha previsto che le attività finanziarie rimpatriate ancora in regime di riservatezza a seguito dell’adesione ad uno degli scudi fiscali approvati negli scorsi anni sono soggette a un’imposta di bollo speciale annuale pari all’1% per il 2012, all’1,35% per il 2013 e allo 0,4% per gli anni successivi.
Inoltre, per il solo anno 2012, è stata istituita anche un’imposta straordinaria dell’1% per le attività finanziarie oggetto di emersione che, alla data del 6 dicembre 2011, sono state in tutto o in parte prelevate dal rapporto di deposito, amministrazione o gestione acceso per effetto della procedura di emersione ovvero comunque dismesse.
L’imposta di bollo speciale è determinata con riferimento al valore delle attività ancora segretate al 31 dicembre dell’anno precedente. Per il solo versamento relativo al periodo d’imposta 2011, tuttavia, il valore delle attività segretate è quello al 6 dicembre 2011.
L’imposta è calcolata sull’ammontare delle somme e sul valore di mercato delle attività finanziarie alla data di riferimento e, in mancanza del valore di mercato, sulla base del valore nominale ovvero quello di rimborso di tali attività.
L’imposta è determinata al netto dell’eventuale imposta di bollo proporzionale pagata ai sensi del comma 2-ter dell’art. 13 della Tariffa, parte prima, allegata al DPR 26 ottobre 1972, n. 642, e successive modificazioni.
È compito degli intermediari finanziari provvedere ad effettuare, con riferimento al periodo d’imposta 2011, il versamento dell’imposta di bollo annuale entro domani, 16 febbraio 2012, e l’imposta straordinaria sui prelievi, dovuta per il solo anno 2012, entro la medesima data.
Spetta sempre agli intermediari, attraverso il modello 770, segnalare all’Agenzia delle Entrate i contribuenti nei confronti dei quali le imposte non sono state applicate e versate.
Nei confronti di tali contribuenti, l’imposta è riscossa mediante iscrizione a ruolo ai sensi dell’art. 14 del DPR n. 602/73 e viene applicata una sanzione pari all’importo non versato.
La segnalazione è altresì dovuta qualora il contribuente abbia chiuso il conto segretato tra il 7 e il 31 dicembre 2011 e non abbia fornito la provvista per il pagamento dell’imposta di bollo speciale.
Con specifico riferimento alle modalità di applicazione delle predette imposte, il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate precisa quanto segue.
Nell’ipotesi in cui il contribuente detenga il conto segretato presso il medesimo intermediario con il quale è stata effettuata la procedura del rimpatrio delle attività finanziarie, tale intermediario è tenuto a prelevare l’imposta di bollo speciale annuale e l’eventuale imposta straordinaria sui prelievi.
Se il contribuente ha trasferito il conto segretato presso altro intermediario, mantenendo il regime della riservatezza, l’ultimo intermediario presso cui è ancora detenuto il conto è tenuto al prelievo delle imposte.
Qualora il contribuente abbia invece trasferito il conto segretato presso altro intermediario senza mantenere il regime della riservatezza, l’imposta di bollo speciale annuale non è dovuta. Tuttavia, considerato che detto trasferimento è equiparabile ad un prelievo, l’intermediario presso il quale detto prelievo è stato effettuato è tenuto a segnalare il nominativo del contribuente all’Amministrazione finanziaria, salvo non venga versata l’imposta straordinaria.
Nel caso in cui il contribuente abbia trasferito parte delle attività detenute nel conto segretato presso altro intermediario in un conto non segretato, l’intermediario presso cui è detenuto il conto segretato applica l’imposta di bollo speciale annuale sulle attività finanziarie ancora segretate e quella straordinaria sulle attività finanziarie eventualmente trasferite o prelevate.
Resta fermo che, in ogni caso, il contribuente può evitare la segnalazione all’Amministrazione finanziaria fornendo la provvista all’intermediario per il pagamento delle imposte.