lunedì 20 febbraio 2012

Crisi, mafia, speculazione sfuma l'oro verde di Vittoria

Chiuse 1.500 aziende, l'incubo sono gli ortaggi magrebini. Molti terreni rilevati da extracomunitari con grandi capitali. Il mercato è un far west gestito da 10 commissionari che impongono listini da fame dal nostro inviato ANTONIO FRASCHILLA

VITTORIA - La terra dell'oro sta diventando poco più che una miniera di carbone. Attraversando le distese di serre che digradano verso il mare, si vedono campi abbandonati e facce nuove: quelle degli immigrati, arrivati come braccianti e diventati padroncini. E oggi, il giorno dopo il via libera di Bruxelles all'invasione di pomodori e melanzane dal Marocco, i volti degli agricoltori sono ancora più tesi e preoccupati in questo triangolo una volta milionario tra Ragusa, Vittoria e Santa Croce Camerina.

Il Nord Africa fa sempre più paura: "Noi dell'associazione "Arcobaleno" - dice il presidente Carmelo Criscione - raggruppiamo 13 produttori per 70 ettari di serra e facciamo 3,5 milioni di fatturato. Vendiamo direttamente a grossisti tedeschi e riusciamo a piazzare il pomodorino anche a 1,30 euro al chilo. Ma oggi ho ricevuto una telefonata da un grossista tedesco: ti do un euro e dieci, mi ha detto, perché dal Marocco arrivano già a un euro".

Lo sconto dei dazi al Marocco avrà l'effetto di una mazzata in questo angolo di Sicilia che per anni ha prodotto una ricchezza smisurata sotto forma di pomodori a grappolo e oggi non garantisce più la sopravvivenza a un esercito di piccoli produttori che si va sempre di più assottigliando, visto che negli ultimi tre anni qui hanno chiuso i battenti 1.541 aziende sulle 10.500 attive nel 2009.

Ma che alimenta ancora il mercato dell'ortofrutta di Vittoria, il più grande del Sud e uno dei più importanti d'Europa, con un valore di merce acquistata pari a 250 milioni di euro, senza contare il sommerso. Un mercato attorno al quale orbitano 27 mila braccianti e 3.500 piccoli proprietari terrieri, che ieri con tre ettari avevano un reddito garantito di 250 mila euro e oggi non arrivano a fine mese, strozzati dall'aumento dei costi di produzione e da una doppia morsa: la giungla del mercato di Vittoria e una concorrenza internazionale sempre più forte.

Uno dei motivi della crisi è proprio il mercato di Vittoria. Una sorta di far west, gestito in parte da commissionari onesti in parte da una cartello "di una decina di persone che impone prezzi da fame ai piccoli produttori" e si arricchisce alle loro spalle, come denunciato da una recentissima indagine della Guarda di finanza. Le dieci persone in questione sono un gruppo di commissionari: figura, quest'ultima, che esiste a Vittoria e in nessun altro mercato ortofrutticolo del mondo.

Si tratta di intermediari che, in base a un regolamento datato 1971, fanno da tramite fra i commercianti e il piccolo produttore che ogni mattina alle 5 porta la sua merce al mercato. Ma che succede se qualche commissionario, come scoperto dalle Fiamme gialle guidate dal colonnello Francesco Fallica, è anche produttore e commerciante? Succede che fa i propri interessi e non quelli del piccolo agricoltore. Non a caso i reati contestati vanno dalla "truffa ai danni dei fornitori" all'estorsione, passando per il "ribasso fraudolento dei prezzi". E questo senza contare presenze inquietanti nel mercato, come quella del "figlio del noto Francesco D'Agosta, condannato per associazione mafiosa".

Il risultato è che ieri come sempre Giovanni è arrivato al mercato di prima mattina: "A quanto me le fate queste melenzane?", ha chiesto al commissionario. "65 centesimi al chilo", è la risposta, secca. "Ma come, a me sono costate 60 centesimi, che ci guadagno?", ribatte l'agricoltore. Dieci anni fa la stessa melanzana veniva venduta a 15 centesimi in più e il costo per produrla era di 15 centesimi in meno. Il guadagno, per l'agricoltore, è crollato da 35 a 5 centesimi. Lo stesso discorso vale per il pomodorino, che viene comprato dal produttore a 1,10 euro al chilo ma nei supermercati arriva a essere venduto anche a 3-4 euro. Adesso il Comune di Vittoria sta cercando di mettere ordine in questo suk nel quale è impossibile anche controllare la tracciabilità dei prodotti e sono stati denunciati casi di pomodoro tunisino mischiato con quello siciliano.

Nel mercato transita però solo il 60 per cento della produzione locale. Il resto viene commercializzato direttamente dalle poche organizzazioni di produttori che stanno cercando di fare sistema, dopo le fallimentari esperienze delle cooperative naufragate in crac clamorosi, come accaduto con la "Rinascita". Ma anche per i grandi produttori le spese sono aumentate: il concime costa 200 euro al quintale (tre anni fa appena 70 euro), la benzina agricola 70 centesimi al litro (tre anni fa 45 centesimi): "Ai costi occorre aggiungere l'elevato indebitamento di tutti gli imprenditori - aggiunge Criscione - e rimane un problema serio di infrastrutture". Le strade sono pessime, le buche non si contano più e ci sono poche aziende di trasporto, alcune poco raccomandabili.

Il risultato complessivo è che per la prima volta qualcuno ha venduto la terra dei propri nonni e dei propri padri. Una volta considerata il patrimonio di famiglia inalienabile, oggi la si mette all'asta. E a comprarla sono talvolta magrebini sbarcati qui trent'anni fa come braccianti: attualmente sono circa 800 le aziende tunisine e algerine, "e in alcune sedi come Santa Croce Camerina ormai il 50 per cento degli iscritti alle organizzazione dei produttori è straniero", dice Giuseppe Drago, segretario provinciale della Cia.

Ma dove prendono questi capitali gli immigrati? Il sospetto della Guardia di finanza è che, accanto agli onesti ex braccianti che hanno messo da parte quel poco di guadagno accumulato negli anni, alcuni siano solo "prestanome magari di commissionari o, peggio, di anonime srl". E, in Sicilia, si sa che spesso è la mafia ad avere capitali da investire. C'è poi un ultimo fenomeno che mai si era visto da queste parti: l'abbandono delle serre. Su novemila ettari in serra, circa il 10 per cento non è più coltivato.
[http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-palermo/2012/02/18/news/crisi_mafia_speculazione_sfuma_l_oro_verde_di_vittoria-30084256/?ref=HREC2-6]

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