martedì 24 gennaio 2012

L’accertamento è nullo se per l’accesso manca la richiesta al PM

È nullo l’avviso di accertamento fondato sulle risultanze di un accesso eseguito presso l’abitazione del contribuente se non è allegata agli atti la nota di richiesta al PM per l’autorizzazione all’accesso e da cui si possono desumere i “gravi indizi” di evasione addotti dal Fisco. Ciò in quanto, tale mancanza, non consente al Giudice tributario di verificare l’effettiva sussistenza di tali “gravi indizi” previsti dalla normativa sugli accessi domiciliari. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 631 del 18 gennaio 2012.
L’art. 52 del DPR 633/1972 dispone che l’accesso presso locali diversi da quelli di esercizio dell’attività del contribuente, ovvero di quelli ad utilizzo promiscuo, sia abitativo che lavorativo, può essere eseguito, previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica, soltanto in caso di gravi indizi di violazioni delle norme tributarie. Sostanzialmente, per accedere legittimamente presso i predetti “locali diversi”, tra cui rientra l’abitazione del contribuente o gli altri suoi locali privati (box, cantine, ecc.), i funzionari o i militari procedenti devono attivarsi cronologicamente come segue: ottenere l’autorizzazione all’accesso rilasciata dal Capo Ufficio o dal Comandante del Reparto da cui dipendono; richiedere al Procuratore della Repubblica l’autorizzazione all’accesso domiciliare, indicando, in tale istanza, i “gravi indizi” di violazione delle norme tributarie rinvenuti nel corso delle indagini precedenti; ottenere l’autorizzazione del magistrato.
Dai fatti oggetto della pronuncia odierna, emerge che la nota con cui la Guardia di Finanza aveva richiesto al PM l’autorizzazione per accedere presso l’abitazione del contribuente, non era presente tra gli atti processuali, essendovi soltanto il foglio di autorizzazione del PM che probabilmente rinviava per relationem alla richiesta mancante (anche se dal testo della pronuncia non si desume con chiarezza tale aspetto). Peraltro, l’accertamento si fondava proprio sulle risultanze raccolte in sede di accesso, durante il quale era stata rinvenuta della documentazione extracontabile posta successivamente a base della pretesa impositiva.
Il contribuente fondava il suo ricorso introduttivo sull’illegittimità dell’accesso perché avvenuto in assenza di gravi indizi di evasione e per la mancanza della citata richiesta, non era neppure possibile desumere quali fossero stati quelli addotti dalla GdF. L’avviso di accertamento doveva quindi ritenersi nullo, fondandosi su un atto prodromico illegittimo. I giudici di primo grado, però, respingevano il ricorso.
Opponeva gravame il contribuente e la C.T. Reg. si pronunciava a suo favore, atteso che non era stato possibile verificare la sussistenza dei gravi indizi di evasione che avrebbero legittimato l’accesso, stante la mancanza agli atti della nota della GdF al PM.
L’Agenzia delle Entrate proponeva, allora, ricorso per Cassazione, censurando la decisione di merito con cui era stato posto a suo carico l’onere della mancata allegazione della richiesta della GdF al PM per l’accesso domiciliare, contenente, come già ribadito, l’illustrazione dei gravi indizi di evasione. Gli Ermellini, però, non hanno condiviso l’assunto della difesa erariale e, richiamando la loro consolidata giurisprudenza pregressa, hanno confermato il principio di sindacabilità degli atti impugnabili, di cui all’art. 19 del DLgs. 546/1992, tra cui rientra l’avviso di accertamento, anche per difetti o vizi di legittimità degli atti prodromici e strumentali del procedimento, ovvero degli atti cosiddetti presupposti che realizzino un collegamento funzionale con l’atto impugnabile, come avviene tra l’atto autorizzativo del PM e l’avviso di accertamento. Così l’eventuale giudizio negativo, in ordine alla regolarità formale o sostanziale di qualche atto istruttorio prodromico, determina, per il principio dell’illegittimità derivata, l’illegittimità stessa dell’atto finale impugnato (ex plurimis, Cass. SS.UU. n. 11082/2010, n. 6315/2009, n. 16424/2002; Cass. n. 21974/2009).
Secondo gli Ermellini, nel caso di specie, l’illegittimità dell’accesso, dovuta all’assenza della richiesta di autorizzazione della GdF al PM, contenente l’indicazione dei gravi indizi di evasione, previsti dalla norma per l’espletamento dell’attività ispettiva, riverbera i suoi effetti sull’atto consequenziale impugnato, rendendo anch’esso illegittimo.
L’odierna pronuncia consolida un filone giurisprudenziale della Suprema Corte che deve ritenersi ormai pacifico.
È opportuno notare, però, che il principio di illegittimità derivata, in base al quale è nullo l’atto impositivo fondato su materiale probatorio reperito durante un accesso domiciliare illegittimo, viene richiamato dalla Cassazione soltanto quando entrano in gioco i diritti costituzionalmente garantiti, come quello, appunto, dell’inviolabilità del domicilio, mentre viene “trascurato” quando subentrano interessi da tutelare forse minori, come dimostra la recente decisione per cui, la mancanza dell’autorizzazione del Capo Ufficio o del Comandante del reparto per l’accesso presso i locali aziendali, ancorché specificatamente richiesta dal già citato art. 52 del DPR 633/1972, non comporta la nullità dell’atto impositivo fondato sul materiale raccolto durante tale accesso illegittimo (cfr. Cass. n. 3388/2010)

Cedole obbligazionarie 2011: ritenuta ancora del 12,50%

Con la cosiddetta “manovra di Ferragosto” (DL 138/2011) il legislatore ha varato la riforma della tassazione delle rendite finanziarie, ponendo mano tanto alle norme sui redditi di capitale che a quelle sui redditi diversi e fissando, in sostanza, un’unica aliquota del 20% in luogo delle precedenti del 27% e del 12,5%. L’art. 2, comma 6, del decreto ha infatti introdotto la ritenuta del 20% sugli interessi, premi e ogni altro provento di cui all’art. 44 e sui redditi diversi di cui all’art. 67 comma 1 lett. da c-bis) a c-quinquies) del TUIR.
Con il comma 13 del medesimo art. 2 è stato coerentemente modificato l’art. 26 del DPR 600/73, disponendo l’obbligo per il sostituto di imposta di operare la ritenuta nella nuova misura del 20% sugli interessi corrisposti, indipendentemente dalla durata dello strumento finanziario (non ha più ragione di esistere, infatti, la distinzione prima vigente fra scadenze inferiori o superiori ai 18 mesi).
Il DL 138/2011 ha disciplinato quindi la decorrenza della nuova misura del prelievo (commi da 9 a 12 dell’art. 2), prevedendo come criterio generale quello di cassa: in base al disposto del comma 9, infatti, la ritenuta nella nuova misura del 20% si applica ai redditi di capitale divenuti esigibili e ai redditi diversi realizzati a decorrere dal 1° gennaio 2012. Solo per alcune specifiche categorie di strumenti finanziari (polizze vita, risparmio gestito, obbligazioni dei “grandi emittenti”) è stata stabilita l’applicazione della nuova ritenuta a partire dagli interessi maturati nel 2012, adottando così per queste sole fattispecie un’applicazione della nuova aliquota secondo un criterio di competenza.
Sin qui tutto pareva sufficientemente chiaro. Verso la fine del 2011 ci si è però probabilmente accorti che il predetto sistema di norme e decorrenze avrebbe assoggettato gli interessi sui conti e depositi bancari maturati nel 2011 (che usualmente vengono resi disponibili a partire dal 1° gennaio 2012) alla nuova ritenuta del 20% anziché all’originaria del 27%, con ciò disperdendo un rilevante gettito erariale (la raccolta bancaria in conti di deposito propagandati con massicce campagne pubblicitarie è sintomatica di quanto diffuse siano tali forme di risparmio). È quindi per presumibili ragioni di gettito che nel “decreto Milleproroghe” (DL 216/2011) è stata introdotta una norma di interpretazione autentica (art. 29, commi 2 e 3) che fissa l’applicazione dell’aliquota del 20%, di cui al DL 138/2011, agli interessi maturati a partire dal 2012.
In particolare il comma 2 lett. a) disciplina la decorrenza della nuova aliquota per i conti correnti e depositi bancari e postali, mentre la lett. b) del medesimo comma specifica la decorrenza per i contratti di pronti contro termine stipulati prima del 31 dicembre 2011: per tali proventi maturati nel 2011 viene quindi ripristinata la vecchia ritenuta del 27%. Il comma 3 tuttavia, in modo più ampio e generico, stabilisce che l’applicazione delle modifiche all’art. 26 del DPR 600/73, introdotte dall’art. 2, comma 13, lett. a) numeri 1) e 2) del DL 138/2011 (ossia l’obbligo per i piccoli emittenti obbligazionari di operare la ritenuta nella nuova misura del 20%), “decorre dal 1° gennaio 2012 con riferimento agli interessi e ai proventi maturati a partire dalla predetta data”.
Il tenore di tale disposizione pare sufficientemente chiaro per poter affermare che ad oggi esiste una norma (l’art. 2, comma 9, del DL 138/2011, rimasto immutato) che stabilisce la misura della nuova ritenuta con decorrenza a partire dagli interessi divenuti esigibili dal 1° gennaio 2012, mentre con altra e successiva norma (l’art. 29, comma 3, del DL 216/2011) si pone a carico dei sostituiti d’imposta l’obbligo di effettuare il prelievo nella misura del 20%, soltanto sugli interessi maturati a partire dal 1° gennaio 2012, implicitamente confermando così l’obbligo di operare la ritenuta nella vecchia misura del 12,5% per gli interessi maturati nel 2011, pur se corrisposti nel 2012.
È auspicabile che tale apparente difetto di coordinamento tra le norme venga risolto in sede di conversione del “decreto Milleproroghe”. Nel frattempo si ritiene che le ritenute sulle cedole scadenti il 1° gennaio 2012 debbano essere operate nella misura del 12,50%.

lunedì 23 gennaio 2012

Fabbricati rurali: domande entro il 31 marzo con l’applicazione web

Con un comunicato datato 11 gennaio 2012, pubblicato giovedì 19 sul sito dell’Agenzia del Territorio, vengono riepilogate le recenti novità che hanno interessato i fabbricati che possiedono i requisiti per la ruralità previsti dall’art. 9 del DL n. 557/1993.
Il 31 marzo 2012, infatti, è il nuovo termine entro cui sarà possibile chiedere la variazione catastale delle costruzioni rurali già iscritte nel Catasto fabbricati in categorie diverse dalla A/6 per le abitazioni e D/10 per le costruzioni strumentali.
La proroga è prevista dal cosiddetto “decreto Milleproroghe” (art. 29, comma 8, DL 29 dicembre 2011 n. 216, che deve essere convertito in legge entro il prossimo 27 febbraio) ove sono fatti salvi gli effetti delle domande di variazione della categoria catastale presentate, ai sensi dell’art. 7 comma 2-bis e ss del DL 70/2011 (conv. L. 106/2011), successivamente al 30 settembre 2011,  ma entro e non oltre il 31 marzo 2012.
Pertanto, in attesa della emanazione del DM attuativo previsto dall’art. 13, comma 14-bis, DL 201/2011 (conv. L. 214/2011), per la presentazione della domanda di classamento possono essere utilizzati i modelli già approvati con il DM 14 settembre 2011.
Per la presentazione delle suddette domande, inoltre, l’Agenzia del Territorio ha reso disponibile nel proprio sito un’applicazione che consente la compilazione della domanda e la stampa della stessa con modalità informatiche, con l’attribuzione di uno specifico codice identificativo, a conferma dell’avvenuta acquisizione a sistema dei dati contenuti nella domanda di variazione; si tenga presente, peraltro, che la rendita catastale già attribuita dall’Agenzia del Territorio non muta, ma varia solo la categoria catastale.
Nonostante le disposizioni contenute nei commi 2-bis e ss. del DL 70/2011 siano state abrogate a decorrere dal 1° gennaio 2012 dall’art. 13, comma 14, DL 201/2011, la presentazione della domanda in questione potrebbe essere opportuna per una serie di motivi. Anzitutto, per gli anni 2011 e precedenti i Comuni potrebbero pretendere l’ICI per le costruzioni rurali provviste di rendita e iscritte in categorie catastali diverse da A/6 e D/10. Per le controversie pendenti, inoltre, le Commissioni tributarie potranno riferirsi alla categoria catastale dei fabbricati per riconoscere loro il requisito della ruralità, supportate dall’orientamento della Corte di Cassazione in materia.
Quanto detto non riguarda i proprietari dei fabbricati rurali iscritti nel Catasto terreni che, ai sensi dell’art. 13, comma 14-ter del DL n.  201/2011, entro il 30 novembre 2012, dovranno incaricare dei tecnici abilitati per procedere all’iscrizione nel Catasto fabbricati con la determinazione della relativa rendita utilizzando la procedura DOCFA. Si ricorda, infatti, che a partire dal 1° gennaio 2012 tali fabbricati sono soggetti all’IMU e, per la determinazione della base imponibile, occorre che venga attribuita loro una rendita.
La domanda di riclassamento catastale può essere redatta, in conformità al modello A allegato al DM 14 settembre 2011, compilando l’apposita applicazione web e allegando le autocertificazioni previste conformi al modello B per le abitazioni rurali e al modello C per le altre destinazioni strumentali. La presentazione può essere effettuata direttamente dal titolare dei diritti reali sui fabbricati o tramite soggetti incaricati, individuati fra i professionisti abilitati alla redazione degli atti di aggiornamento di catasto terreni ed edilizio urbano, oppure tramite le Associazioni di categoria degli agricoltori.
Le domande possono essere presentate ai competenti Uffici provinciali dell’Agenzia del Territorio mediante consegna diretta all’Ufficio, raccomandata postale con avviso di ricevimento, fax o posta elettronica certificata (in tal caso il mittente deve inoltrare la documentazione esclusivamente all’indirizzo di posta elettronica certificata di ciascun Ufficio territorialmente competente).

Via libera al piano di liberalizzazioni

Riduzione degli oneri amministrativi sulle imprese, possibilità, per i giovani under 35, di costituire srl semplificate, abrogazione delle tariffe e novità in materia di tirocinio per le professioni regolamentate. Sarebbero, queste, solo alcune delle misure contenute del “pacchetto-liberalizzazioni”, ossia il DL che ha ricevuto il via libera dal Consiglio dei Ministri di ieri, dopo una riunione di 8 ore.
Come ha spiegato il premier Mario Monti nella conferenza stampa al termine del CdM, il pacchetto varato punta a recuperare risorse per famiglie e imprese. L’impatto delle misure approvate potrebbe portare – ha proseguito Monti – a una crescita della ricchezza prodotta pari al 10%, e il decreto è considerato, dal Governo, “strutturale” perché si pone l’obiettivo di superare tre vincoli italiani, cioè “concorrenza insufficiente, inadeguatezza delle infrastrutture e complicazione delle procedure amministrative”.
Ora il decreto, assieme a quello relativo alle infrastrutture, passerà al vaglio del Parlamento e, la prossima settimana, dovrebbe essere integrato da un testo in materia di semplificazioni.
Scendendo nel dettaglio del provvedimento, non sono poche le modifiche apportate dall’Esecutivo rispetto alle bozze circolate nei giorni scorsi. Un esempio per tutti è quello della norma sui taxi, che, dopo le proteste degli ultimi giorni, è stata cambiata più volte in corsa per poi essere riaffidata all’Autorità per le reti, che nascerà dal potenziamento dell’Autorità per l’energia. Inoltre – come ha spiegato il sottosegretario Antonio Catricalà – non ci saranno più licenze in capo a un solo soggetto e anche l’extraterritorialità sarà valutata assieme ai Comuni.
Come anticipato, tra le altre misure tese a favorire la concorrenza, l’ultima bozza di decreto circolata ieri, al Capo I, prevederebbe l’abrogazione delle norme che stabiliscono limiti numerici, autorizzazioni, licenze, nulla osta o preventivi atti di assenso per l’avvio di un’attività economica non giustificati da un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l’ordinamento comunitario, nonché le norme che pongono divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati e non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche dichiarate.
Inoltre, verrebbe istituito un “Tribunale delle imprese”, mediante modifiche al DLgs. n. 168/2003, in base alle quali le sezioni di Tribunali e Corti d’Appello di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia non sarebbero più specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale, bensì in materia d’impresa.
Come aiuto ai giovani under 35, sarebbe poi prevista per loro la possibilità di costituire, con contratto o atto unilaterale, le “società semplificata a responsabilità limitata”, per le quali l’atto dovrebbe essere redatto per scrittura privata, con un capitale sociale – simbolicamente – non inferiore a 1 euro, sottoscritto e interamente versato, sotto forma di conferimento esclusivamente in denaro, alla data di costituzione.
Per quanto riguarda, invece, le professioni regolamentate, sarebbero confermate l’abolizione delle tariffe e le novità sul tirocinio, oltre all’estensione, ai liberi professionisti, della possibilità di partecipare al patrimonio dei confidi. Verrebbe poi incrementato il numero dei notai, attraverso il bando di una serie di concorsi pubblici: uno entro il 31 dicembre 2012, per un totale di 550 nuovi posti, a cui se ne aggiungerebbero 500 con concorso da bandire entro il 31 dicembre 2013 e 470 entro la fine del 2014.
Sugli altri fronti, i farmaci di fascia C dovrebbero poter essere venduti solo nelle farmacie, ma il numero delle autorizzazioni dovrebbe essere stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 3.000 abitanti. Inoltre, dovrebbero poter svolgere la propria attività e i servizi medici aggiuntivi anche oltre orari e turni di apertura, e praticare sconti sui prezzi pagati direttamente da tutti i clienti per farmaci e prodotti venduti, dandone adeguata comunicazione alla clientela.
Onde evitare, poi, i contrassegni fasulli delle RC auto, sarebbe prevista la sostituzione, nel giro di 6 mesi, degli attuali contrassegni cartacei con sistemi elettronici o telematici.
Ancora, oltre alla liberalizzazione della distribuzione dei carburanti e alla promozione della concorrenza nei servizi pubblici locali, in materia di servizi bancari e assicurativi la bozza di DL stabilirebbe la nascita del conto corrente bancario base, con costi tendenti allo zero, le cui caratteristiche dovrebbero essere definite mediante decreto del Ministero dell’Economia. Inoltre, nel caso in cui banche, istituti di credito e intermediari finanziari condizionassero l’erogazione del mutuo immobiliare alla stipula di un contratto di assicurazione sulla vita, sarebbero tenuti a sottoporre al cliente almeno due preventivi di due differenti gruppi assicurativi.
Maggiore libertà, infine, per le edicole, per le quali sarebbe previsto, oltre alla soppressione del limite minimo di superficie per la vendita della stampa, la possibilità di praticare sconti sulla merce venduta.

giovedì 19 gennaio 2012

fondo regionale per il commercio

DESTINATARI
Piccole e medie imprese commerciali di cui al Decreto del Ministro delle Attività Produttive del 18/04/2005.
Requisiti:
1. Meno di 250 dipendenti;
2. Fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro;
I requisiti di cui ai precedenti numeri 1., 2. sono cumulativi, nel senso che gli stessi devono sussistere contemporaneamente.
OBIETTIVI
Facilitare l'accesso al credito delle piccole e medie imprese commerciali, mediante la concessione delle agevolazioni di seguito meglio specificate.
OPERAZIONI FINANZIABILI
Credito di avviamento e di esercizio, sotto forma di apertura di credito, concesso dalle Banche operanti in Sicilia a  fronte di esigenze della gestione aziendale. L’apertura di credito deve essere utilizzata per acquisti di beni non duraturi e necessari all’esercizio dell’attività, nonché per i pagamenti di emolumenti e compensi a terzi per servizi acquisiti.
IMPORTI E TEMPISTICHE
Minimo Euro 10.000,00 - Massimo Euro 200.000,00
L’utilizzo dell’apertura di credito dovrà avvenire entro 6 mesi dalla concessione della stessa. Le somme effettivamente prelevate dovranno essere rimborsate entro il periodo massimo di 48 mesi con rate trimestrali posticipate con scadenza fine mese.
AGEVOLAZIONE
L’agevolazione consiste in un contributo pari al 60% del tasso applicato alle operazioni di credito.
La misura del contributo in conto interessi è aumentata al 70% nel caso in cui i richiedenti siano società cooperative oppure giovani imprenditori.
Il tasso di interesse applicabile è liberamente determinato tra la Banca Convenzionata ed il soggetto beneficiario e può essere fisso o variabile per la durata del finanziamento. Il tasso massimo applicabile alla operazione è pari al tasso di riferimento della Commissione Europea maggiorato di 2 punti. (art. 16 comma 1).

venerdì 13 gennaio 2012

INAIL 2011 - INCENTIVI ALLE IMPRESE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO

1. OBIETTIVO
Incentivare le Imprese a realizzare interventi finalizzati al miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro: possono essere presentati progetti di investimento, o per l'adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale.
2. AMMONTARE DEL CONTRIBUTO
L'incentivo è costituito da un contributo in conto capitale nella misura dal 50% dei costi del progetto.
Il contributo è compreso tra un minimo di € 5.000 ed un massimo di € 100.000,00. Per gli importi maggiori di € 30.000,00 può essere richiesta un'anticipazione del 50%.
3. DESTINATARI
Destinatari sono le imprese, anche individuali, iscritte alla Camera di Commercio Industria, Artigianato ed Agricoltura.
4. RISORSE
Per l'anno 2011 l'INAIL ha stanziato per la Regione Sicilia € 16.031.299.
5. MODALITA' E TEMPI
A partire dal 28 dicembre 2011, le imprese hanno a disposizione una procedura informatica che consente, attraverso la semplice compilazione di campi obbligati, di verificare la possibilità di presentare la domanda di contributo. La domanda può essere presentata attraverso la procedura informatica dopo il 14/03/2012 (sarà comunicato in quella data la data effettiva di apertura dello sportello).
Condizione per la presentazione della domanda è, oltre al possesso dei requisiti di ammissibilità, il raggiungimento di un punteggio soglia, determinato da diversi parametri: dimensione aziendale, rischiosità dell'attività di impresa, numero di destinatari, finalità ed efficacia  dell'intervento, con un bonus in caso di collaborazione con le Parti sociali nella realizzazione dell'intervento. Punteggio soglia minimo 105.
In caso di ammissione all'incentivo, l'impresa ha un termine massimo di un anno per realizzare e rendicontare il progetto. Entro 60 giorni dalla rendicontazione, in caso di esito positivo delle verifiche, il contributo viene erogato.
   

mercoledì 11 gennaio 2012

Bando pubblico misura 312 “Sostegno alla creazione e allo sviluppo di micro-imprese”


Bando pubblico misura 312 “Sostegno alla creazione e allo sviluppo di micro-imprese” Azioni A, C e D - P.S.R. Sicilia 2007/2013, reg. CE n. 1698/2005.
Azione A “Trasformazione e commercializzazione artigianale dei prodotti tipici non compresi nell’allegato I del Trattato” - Azione C “Incentivazione di micro-imprese nel settore dei servizi strettamente collegati alle finalità delle misure 312 e 313” - Azione D Incentivazione di micro-imprese nel settore del commercio, con priorità per la  commercializzazione di prodotti tipici locali”
1. PREMESSA
Con il regolamento CE n. 1698 del 20 settembre 2005, l’Unione europea ha istituito un sostegno a favore dello sviluppo rurale prevedendo all’interno dell’asse 3 un sistema di aiuti per migliorare la qualità della vita e diversificare l’economia dei territori rurali.
In attuazione di quanto disposto dall’art. 15 di tale regolamento, l’Assessorato regionale dell’agricoltura e delle foreste ha predisposto il Programma di sviluppo rurale (PSR) Sicilia 2007 2013 approvato dalla Commissione europea con decisione CE (2008) n. 735 del 18 febbraio 2008. La misura 312 è attuata sulla base della versione 4 del Programma di sviluppo rurale della Regione Sicilia notificata alla Commissione europea e in attesa di decisione.
2. FINALITÀ
Obiettivo della misura è quello di sostenere l’economia delle zone rurali, creando e sviluppando attività economiche e servizi alle imprese ed alla popolazione. Il tessuto economico delle aree rurali siciliane si caratterizza prevalentemente per presenza di imprese di piccolissime dimensioni che possono rappresentare l’elemento fondamentale per ottenere quello sviluppo integrato del territorio che è uno degli obiettivi principali dell’intero PSR Sicilia 2007 -2013.
La misura 312 sostiene le iniziative rivolte alla creazione e al rafforzamento di microimprese in settori extra-agricoli quali quello agroalimentare, dell’artigianato, del commercio e dei servizi, fortemente collegati alla produzione primaria e al territorio; tali iniziative favoriranno la creazione di nuovi posti di lavoro, il consolidamento dell’occupazione (favorendo anche l'ingresso di donne e giovani nel mercato del lavoro) e il mantenimento della popolazione rurale attiva.
Nello specifico:
- l’azione A riguarda l’incentivazione di microimprese per la trasformazione e la commercializzazione di prodotti agroalimentari tipici e di prodotti dell’artigianato tradizionale delle aree rurali;
- l’azione C riguarda l’incentivazione di microimprese di servizio per il completamento di filiere corte e per la fruizione turistica delle aree rurali;
- l’azione D riguarda l’incentivazione di microimprese nel settore del commercio, per il completamento e il  consolidamento delle filiere produttive locali.
3. DOTAZIONE FINANZIARIA E LOCALIZZAZIONE
Per il finanziamento delle domande di aiuto inoltrate ai sensi del presente bando si provvederà con una quota parte delle risorse pubbliche in dotazione alla misura pari ad € 14.000.000,00.
La misura sarà realizzata esclusivamente nelle macro-aree C e D così come individuate dal PSR Sicilia 2007-2013. Pertanto le microimprese in cui si attuano gli interventi devono avere sede legale e ricadere prevalentemente nelle macro-aree C e D. In nessun caso saranno finanziati interventi nelle parti di azienda ricadenti al di fuori di dette macro-aree. Sono esclusi i territori dei comuni facenti parte dei GAL selezionati nell’ambito dell’asse IV LEADER del PSR Sicilia 2007-2013, i cui Piani di sviluppo locale prevedono l’attivazione di azioni della presente misura (vedi allegato 1). Per l’azione C (microimprese nel settore dei servizi) vanno inoltre rispettate le indicazioni territoriali di cui al paragrafo 6 delle disposizioni attuative specifiche.
4. REQUISITI
Con il presente bando si intende selezionare progetti che rispondono a quanto previsto dalle disposizioni attuative specifiche della misura 312 approvate con decreto n. 969 del 26 luglio 2011, che saranno finanziati compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili.
5. MODALITÀ DI PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA
La misura è attivata tramite procedura valutativa a “bando aperto” nell’ambito della quale viene applicato il meccanismo procedurale c.d. di “stop and go”. I beneficiari indicati al par. 4 delle “Disposizioni attuative parte
specifica misura 312 - Sostegno alla creazione e allo sviluppo di micro-imprese – azioni A, C e D, approvate con decreto n. 969 del 26 luglio 2011, dovranno presentare la domanda di aiuto attraverso il sistema informatico SIAN nei periodi di seguito indicati: sottofase n. 1: dalla data di pubblicazione del presente bando al 15 marzo 2012;
sottofase n. 2: dall’1 ottobre 2012 al 14 dicembre 2012; sottofase n. 3: dal 3 giugno 2013 al 16 settembre 2013.
La stampa definitiva della domanda presentata informaticamente, debitamente sottoscritta dal soggetto richiedente con firma autenticata secondo la normativa vigente, completa di tutta la documentazione  prevista al paragrafo 17.3 delle disposizioni attuative specifiche, dovrà essere presentata, pena l’inammissibilità, entro le ore 13.00 del 10° giorno successivo al rilascio informatico presso l’Assessorato regionale delle risorse agricole e alimentari al seguente
indirizzo: Assessorato regionale delle risorse agricole e alimentari - Dipartimento regionale interventi infrastrutturali, servizio IV - Interventi di sviluppo rurale ed azioni LEADER, viale Regione Siciliana, 4600 – 90145 Palermo.
Nella parte esterna della busta o plico, sigillata e controfirmata sui lembi di chiusura, dovrà essere riportata la seguente dicitura: PSR Sicilia 2007/2013 Misura 312 – Sostegno alla creazione e allo sviluppo di micro-imprese - sottofase n. … - NON APRIRE AL PROTOCOLLO.
Le modalità e le procedure per la presentazione della domanda di aiuto sono riportate nelle disposizioni attuative specifiche della misura 312 azioni A, C e D approvate con decreto n. 969 del 26 luglio 2011.
Per quanto in esse non previsto si farà riferimento alle “Disposizioni attuative e procedurali misure a investimento – parte generale del PSR Sicilia 2007/2013” emanate dall’autorità di gestione e approvate con decreto n. 880 del 27 maggio 2009 e successive modifiche ed integrazioni.
6. DISPOSIZIONI FINALI
Il finanziamento dei progetti a valere sul presente bando resta subordinato all’approvazione, con decisione comunitaria, della modifica del PSR proposta dal comitato di sorveglianza del PSR Sicilia dell’8 giugno 2011.
Per quanto non previsto nel presente bando pubblico si farà riferimento alle “Disposizioni attuative parte specifica misura 312 - Sostegno alla creazione e allo sviluppo di micro-imprese – azioni A, C e D” approvate con decreto n. n 969 del 26 luglio 2011, alle “Disposizioni attuative e procedurali misure ad investimento – parte generale” emanate dall’autorità di gestione modificate con decreto n. 2659 del 9 agosto 2011, al “Manuale delle procedure per la determinazione delle riduzioni, delle esclusioni e delle sanzioni” per le iniziative previste dal PSR Sicilia 2007/2013 approvate con decreto n. 2763 del 16 dicembre 2008, al Programma di sviluppo rurale (PSR) Sicilia 2007-2013 versione 4 notificata alla Commissione europea e in attesa di decisione, al manuale delle procedure e dei controlli predisposto da AGEA, nonché alle norme comunitarie, nazionali e regionali vigenti.
Tali documenti, oltre ad essere pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana, sono consultabili nei siti istituzionali: www.psrsicilia. it e www.regione.sicilia.it/Agricolturaeforeste/Assessorato.
L’Amministrazione si riserva, ove necessario, di impartire ulteriori disposizioni e istruzioni.
I dati personali ed aziendali in possesso della Regione, acquisiti a seguito del presente bando, verranno trattati nel rispetto del decreto legislativo n. 196/2003 e successive modificazioni ed integrazioni.
Il dirigente generale del dipartimento regionale degli interventi infrastrutturali per l’agricoltura: BARBAGALLO

Aggiornamento Finanziamenti

Finalmente dopo due anni sono stati finanziati i primi 2 progetti ammessi al Progetto P.O.R. FESR sicilia 2007/2013 Artigianato, per un valore complessivo di € 65.000,00.

Rimaniamo in attesa degli altri due del valore pari a € 20.000,00 , ma soprattutto siamo in corsa per i progetti in fase di finanziamento col credito di imposta del valore complessivo di € 860.000,00

mercoledì 4 gennaio 2012

Assegno sociale - appunti


E' la prestazione assistenziale che la legge 335/95 (Riforma Dini) ha istituito, in luogo della pensione sociale ex art. 26, L. 153/69 e della relativa maggiorazione.
Al pari della pensione sociale, ai fini del diritto all'assegno sociale, si prescinde dall'esistenza di un rapporto assicurativo e contributivo ma è necessario possedere determinati requisiti di natura reddituale e di cittadinanza .
La prima decorrenza possibile è dal 1.2.96 quindi spetta a tutti coloro che hanno compiuto o compiono i 65 anni a partire dal 1.1.96 ma anche a coloro che, pur avendo compiuto l' età richiesta entro il 31.12.95, hanno inoltrato la domanda dopo ed anche a coloro che avendo perso il diritto alla pensione sociale prima del 1996 lo abbiano riacquistato a decorrere da tale anno in poi.
La domanda va inoltrata all'Inps e la prestazione è erogata con decorrenza fissata al 1° giorno del mese successivo quello di presentazione della domanda.
L'assegno non è reversibile e spetta per 13 mensilità annue.
Nei casi di ricovero in istituti o comunita' con retta a carico di Enti Pubblici, l'assegno sociale è liquidato in misura ridotta fino al 50%.

Requisiti
  • Compimento del 65° anno di età;
  • Cittadinanza italiana o di uno degli Stati della U.E o extracomunitaria con carta di soggiorno;
  • Residenza italiana;
  • Reddito del richiedente non superiore all'importo annuo dell'assegno se il richiedente non è coniugato (per il 2001: € 4.428,85); 
  • Reddito del richiedente cumulato a quello del coniuge non superiore a due volte l'importo annuo dell'assegno se il richiedente è coniugato (per il 2001: € 8.857,00).
Si dichiarano i redditi assoggettabili all'Irpef al netto dell 'imposizione fiscale e contributiva ma anche quelli esenti da imposta quali le prestazioni assistenziali erogate dallo Stato (pensione di invalidità civile, cieco civile, sordomuto, le pensioni di guerra, le rendite vitalizie erogate dall' Inail, pensioni privilegiate ordinarie tabellari per infermità contratte durante il servizio di leva, etc) ed ancora redditi con ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva (interessi bancari e postali, interessi sui BOT e CCT, etc) ed infine gli assegni alimentari corrisposti a norma del codice civile.
Non sono da computare nel reddito i trattamenti di fine rapporto e relative anticipazioni, le competenze arretrate soggette a tassazione separata, la casa di abitazione, l'importo dell' assegno sociale del richiedente ( è da dichiarare invece quello del coniuge), i trattamenti di famiglia, 1/3 dell'importo della pensione liquidata con il solo sistema contributivo, l'indennizzo previsto dalla legge 210/92 per i soggetti che hanno subito danni provocati da trasfusioni o vaccinazioni, le indennità di accompagnamento, le indennità di comunicazione per i sordomuti, gli assegni vitalizi erogati ai combattenti della guerra 15/18.
Misura
L' importo mensile dell'assegno sociale comprensivo degli aumenti di cui alle finanziarie del 1999 e del 2000 è di € 359,27 mensili .
Può essere concesso in misura ridotta fino a concorrenza del limite di reddito stabilito.

Maggiorazione dell'assegno sociale
Dal 1° gennaio 2001 spetta in misura pari a:
€ 20,66 mensili per coloro che hanno un'età superiore a 75 anni;
€ 12,91 mensili per coloro che hanno un età superiore a 65 anni.
In caso di richiedente non coniugato il limite di reddito individuale da non superare è dato dall'importo annuo dell'assegno e dall'importo annuo della maggiorazione.
In caso di richiedente coniugato oltre al limite individuale non deve essere superato il limite di reddito coniugale dato dalla somma dell'importo annuo dell'assegno, della maggiorazione e del trattamento minimo del fondo pensioni lavoratori dipendenti.
La maggiorazione può essere concessa in misura ridotta fino a concorrenza dei limiti di reddito.
Si prendono in considerazioni i redditi conseguiti nel corso dello stesso anno nel quale la maggiorazione è corrisposta.
I redditi influenti sono quelli assoggettabili ad Irpef, compresa la casa di abitazione, ed anche quelli esenti da imposte.
Non si considerano i redditi derivanti da: trattamenti di famiglia, indennità di accompagnamento di ogni tipo, pensione di guerra, indennizzo risarcitorio per i danni subiti da trasfusioni e vaccinazioni di cui alla legge 210/92.


martedì 3 gennaio 2012

INPS: stop ai contanti sopra i mille euro

L'Inps ha inviato circa 450mila comunicazioni ai pensionati che percepiscono assegni mensili di importo complessivamente superiore a mille euro, pagati in contanti, per invitarli a comunicare all'Istituto entro il mese di febbraio 2012 modalità alternative di riscossione.
La "manovra di Natale" (legge 214 del 22 dicembre 2011) ha infatti stabilito che le Pubbliche Amministrazioni devono utilizzare strumenti di pagamento elettronici, disponibili presso il sistema bancario o postale, per la corresponsione di stipendi, pensioni e compensi di importo superiore a mille euro (limite che potrà essere modificato in futuro con decreto del ministero dell'Economia).
L'adeguamento alle nuove modalità di pagamento dovrà avvenire entro il 6 marzo 2012. L'Istituto quindi non potrà effettuare pagamenti in contanti di importo superiore a mille euro a partire dal 7 marzo 2012.
I pensionati che stanno ricevendo la lettera dell'Istituto potranno comunicare entro il mese di febbraio 2012 le nuove modalità di riscossione, scegliendo tra l'accredito in conto corrente, su libretto postale o su carta ricaricabile. La richiesta di variazione della modalità di pagamento potrà essere inoltrata attraverso il sito istituzionale da parte dei soggetti in possesso di Pin, oppure direttamente a una struttura territoriale dell'Istituto. In alternativa, la richiesta potrà essere fatta presso gli uffici bancari o postali, secondo le consuete modalità.

IMU anche sui fabbricati rurali

L'imposta municipale non risparmia il settore agricolo. Anzi, per la prima volta vengono tassati anche i fabbricati rurali, oltre ai terreni agricoli che già erano colpiti dall'Ici.
I terreni agricoli
Per applicare l'Imu ai terreni agricoli, la base imponibile è determinata assumendo la tariffa di reddito dominicale risultante in catasto al 1° gennaio del periodo d'imposta, rivalutata del 25% e moltiplicata per il coefficiente 130 (ai fini dell'Ici il coefficiente era 75).
La norma prevede un coefficiente minore – pari a 110 – per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola. Questa disposizione era già vigente anche per l'Ici, ma l'articolo 58, comma 2, del Dlgs 446/1997 (non abrogato) la precisava meglio, facendo riferimento ai soggetti iscritti negli elenchi previdenziali per l'assicurazione per invalidità, vecchiaia e malattia. La nuova disposizione è scritta in forma meno tecnica, ma molto probabilmente vuol dire la stessa cosa.
La corretta interpretazione è importante, in quanto molti terreni agricoli sono posseduti e coltivati da società agricole che hanno la qualifica di imprenditore agricolo professionale (Dlgs 99/2004) e che in quanto tali hanno diritto alle medesime agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta (ma l'Imu ha più natura di imposta patrimoniale). Per queste ragioni si ritiene che per i terreni agricoli posseduti da società agricole, ancorché in possesso della qualifica di imprenditore agricolo, professionale il coefficiente moltiplicatore sia 130.
I terreni situati in zone montane e di collina, invece, rimangono esclusi da Imu in quanto l'agevolazione già prevista in materia di Ici è stata confermata (articolo 7, lettera h, Dlgs 504/1992; articolo 9, Dlgs 23/2011, richiamato espressamente dalla norma istitutiva dell'Imu). L'aliquota ordinaria d'imposta è stabilita allo 0,76%, manovrabile dello 0,3% in più o in meno da parte dei Comuni.
Case e fabbricati strumentali
L'imposta municipale è dovuta anche sulle abitazioni rurali. In questo caso la rendita catastale si rivaluta del 5% e poi si moltiplica il risultato per 160; sono comprese le pertinenze (cantine, soffitte e garage). Se l'agricoltore proprietario ha la residenza anagrafica e la dimora nella casa, può invocare le agevolazioni per l'abitazione principale:
aliquota ridotta allo 0,4%, aumentabile o riducibile dello 0,2% da ogni singolo Comune;
detrazione di 200 euro per l'abitazione principale, più 50 euro per ciascun figlio, massimo otto, di età non superiore a 26 anni residente nella casa.
Se la casa non è abitazione principale, invece, l'aliquota è e quella ordinaria (ad esempio, case dei dipendenti, dei coadiuvanti dell'impresa agricola eccetera).
Pagano l'imposta anche i fabbricati rurali strumentali alle attività agricole (articolo 9, comma 3-bis, Dl 557/1993): in questo caso, l'aliquota è dello 0,2% e può essere solo ridotta allo 0,1% dai Comuni.
Per l'individuazione dei fabbricati rurali la norma non fa riferimento alla classificazione catastale; anzi, viene espressamente abrogata dal decreto salva-Italia (comma 14, articolo 13 del Dl 201/2011) quella disposizione secondo cui per il riconoscimento della ruralità occorreva la classificazione catastale nelle categorie A/6 per le abitazioni e D/10 per i fabbricati strumentali (era contenuta nel comma 2-bis dell'articolo 7 del Dl 70/2011).
Si può quindi ritenere che l'aliquota ridotta dello 0,2% spetti semplicemente per la destinazione strumentale del fabbricato alla attività agricola, quale che sia la categoria catastale; ad esempio si potrebbe trattare di impianto fotovoltaico (categoria catastale D/1) o di ufficio aziendale (A/10).
Le aree edificabili
Le aree edificabili continuano a essere imponibili in base al valore di mercato al 1° gennaio dell'anno di imposizione. È confermata la norma che prevede l'assunzione del valore catastale quando il terreno è destinato alla attività agricola a cura del proprietario coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale iscritti negli elenchi previdenziali.

lunedì 2 gennaio 2012

Neutrale il recesso con l’assegnazione di azienda al socio

Lo studio del Consiglio nazionale del Notariato n. 74/2011 approfondisce i profili fiscali connessi al recesso da società (di capitali o di persone), in quanto tale scelta ad opera del socio presenta un’importante ricaduta in termini fiscali sia riguardo alle imposte indirette che, soprattutto, per le imposte dirette.
La liquidazione della quota al socio che recede può essere effettuata anche mediante l’assegnazione dell’azienda sociale o di un ramo della stessa, producendo un duplice rilievo in capo al socio recedente e in capo alla società da cui si recede.
È opportuno ricordare che la consistenza minima per aversi un’azienda è integrata quando sia trasferito (rectius assegnato) al socio recedente un complesso di beni potenzialmente idoneo all’esercizio dell’impresa.
In primo luogo, si osserva che per il recedente cui venga assegnata l’azienda sociale o un ramo della stessa si giunge alle medesime conclusioni cui si giungerebbe in via generale in relazione al soggetto che esercita il recesso. In caso di recesso da società di persone, quindi, il reddito del socio uscente sarà un reddito da partecipazione quantificato in base al valore normale dei beni assegnati e al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione. Per valore normale del bene, si intende quello determinato ai sensi dell’art. 9 del TUIR, ovvero il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari.
In ordine, invece, all’imposizione in capo alla società da cui si recede, la particolarità del bene (azienda) oggetto di assegnazione con cui viene liquidata la quota in capo al recedente induce i notai a un’ulteriore differente riflessione.
Il recesso del socio con assegnazione d’azienda, nella sostanza, presenta gli stessi profili fiscali della continuazione dell’attività imprenditoriale da parte dell’unico socio nella forma dell’impresa individuale; se ne differenzia solo perché, sul piano civilistico, il recesso presuppone una sopravvivenza della rimanente compagine sociale, ma i profili fiscali che ne conseguono sono pressoché identici.
In materia di imposte indirette, l’atto sarà assoggettato a imposta fissa di registro a norma dell’art. 4 della Tariffa parte prima lett. d) n. 2 e lett. a) n. 3 del DPR 131/86. Ciò anche in presenza di beni immobili.
Nelle imposte dirette invece, muovendo da quanto sostenuto dalla circ. Agenzia delle Entrate 9 giugno 2002 n. 54, l’assegnazione di azienda al socio che abbia esercitato il recesso non realizza plusvalenze in capo alla società assegnante, a condizione che:
- il socio (recedente) continui l’attività sotto forma di impresa individuale;
- mantenga inalterati i valori dei beni ai fini fiscali.
In pratica, si sostiene che vige lo stesso principio di neutralità fiscale proprio del conferimento di azienda regolato dall’art. 176 del TUIR; tanto che nello studio del Notariato si parla di una sorta di “conferimento rovesciato”.
Lo studio n. 74/2011 affronta anche il tema delle eventuali imposte ipotecaria e catastale dovute.
Secondo la ris. Agenzia delle Entrate 3 aprile 2006 n. 47, in caso di assegnazione d’azienda con beni immobili, occorre applicare le ipocatastali in misura proporzionale, comportando l’assegnazione un caso di trasferimento di beni immobili aziendali.
In dottrina, è stato tuttavia replicato che in realtà i beni aziendali non fuoriescono dall’impresa e quindi non si realizza quell’effetto traslativo che giustificherebbe la misura proporzionale delle imposte ipocatastali. Il Consiglio nazionale del Notariato rileva poi che, muovendo dalla possibilità di assimilare sul piano tipologico l’assegnazione al conferimento, si potrebbe trovare spazio anche per la conclusione dell’applicazione delle imposte in argomento in misura fissa.

Niente «spesometro» per i nuovi minimi


Il provvedimento direttoriale n. 185820/2011 (§ 6) contiene importanti precisazioni in merito agli adempimenti che i contribuenti minimi devono rispettare, a decorrere dal 2012, per effetto delle novità introdotte dall’art. 27 del DL n. 98/2011.
In particolare, il citato provvedimento prevede nuovi adempimenti che si vanno ad aggiungere a quelli già previsti dall’art. 7 del DM 2 gennaio 2008 che, si ricorda, prevede i seguenti obblighi per i contribuenti minimi (sia “vecchi” che “nuovi”):
-          numerazione e conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali;
-          certificazione dei corrispettivi, indicando, in luogo dell’imposta, se è stata emessa fattura, che l’operazione rientra nel regime dei minimi;
-          per gli acquisti in reverse charge (acquisti intracomunitari o interni) sussiste l’obbligo di integrazione della fattura, indicando l’imposta con la relativa aliquota, e di versamento dell’IVA entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni (in quanto l’imposta sugli acquisti è indetraibile per tali soggetti);
-          rettifica della detrazione dell’IVA (a sfavore) in “entrata” nel regime, con versamento in un’unica soluzione nella dichiarazione annuale relativa all’anno precedente a quello di applicazione del regime, oppure in cinque rate annuali di pari importo, ovvero rettifica (a favore) in “uscita” dal regime (per venire meno dei requisiti o per opzione del regime ordinario).
In relazione agli adempimenti, come anticipato, il provvedimento direttoriale n. 185820/2011 (§ 6), contiene le seguenti precisazioni:
-          obbligo di iscrizione al VIES per l’effettuazione di operazioni intracomunitarie, in sede di dichiarazione di inizio attività o successivamente;
-          esonero dall’obbligo di presentazione della comunicazione di cui all’art. 21 del DL 78/2010 (cosiddetto “elenco clienti e fornitori”), nonché della comunicazione delle operazioni realizzate con controparti stabilite in Paese black list, prevista dall’art. 1 del DL n. 40/2010;
-          esonero dall’obbligo di certificazione dei corrispettivi, laddove siano svolte le attività previste dall’art. 2 del DPR n. 696/1996 (tale disposizione contiene un elenco di operazioni esonerate dall’obbligo di certificazione dei corrispettivi).
Relativamente alle operazioni intracomunitarie è bene ricordare che i contribuenti minimi non realizzano, dal lato “attivo”, cessioni intracomunitarie di beni in quanto, tali operazioni, sono soggette al regime dei minimi, con conseguente esclusione dall’obbligo di compilazione degli elenchi Intra (circ. Agenzia delle Entrate n. 36/2010 e circ. Agenzia delle Entrate n. 39/2011).
Al contrario, per quanto riguarda gli acquisti di beni presso soggetti IVA stabiliti in altro Stato Ue, i contribuenti minimi si devono comportare allo stesso modo di qualsiasi altro soggetto (ferma restando l’indetraibilità dell’imposta afferente tali acquisti e conseguente obbligo di versamento), compresa la compilazione degli elenchi Intra.
Sul punto, la circ. Agenzia delle Entrate 1° agosto 2011, n. 39, ha altresì stabilito che anche i soggetti in questione hanno l’obbligo di richiedere l’iscrizione all’archivio VIES, in virtù della predetta possibilità di effettuazione di acquisti intracomunitari.
Per quanto riguarda, invece, l’esonero dall’obbligo di presentazione della comunicazione di cui all’art. 21 del DL n. 78/2010, il provvedimento direttoriale conferma quanto già espresso dall’Agenzia delle Entrate nella circ. n. 24/2011.
Tale documento, è bene ricordare, ha tuttavia precisato che la controparte dell’operazione con il soggetto minimo (cliente o fornitore) deve comunque inserire l’operazione nella comunicazione, se la stessa è almeno pari alla soglia prevista (25.000 euro per l’anno 2010 e 3.000 euro per l’anno 2011).

Sanatoria sulle partite IVA inattive estesa al 2 aprile


È prorogata sino al 2 aprile 2012 (il termine di legge del 31 marzo cade di sabato) la disposizione della manovra correttiva del luglio scorso, che consente ai contribuenti di sanare l’omessa comunicazione della chiusura della partita IVA con il versamento della sanzione ridotta di 129 euro. Lo prevede il DL n. 216/2011, pubblicato nella G.U. dello scorso 29 dicembre.
Il combinato disposto dei commi 3 e 4 dell’articolo 35 del DPR 633/1972 stabilisce che il contribuente titolare di partita IVA, qualora cessi l’attività, debba darne comunicazione, per via telematica (anche attraverso “ComUnica”) o tramite presentazione diretta agli Uffici dell’Agenzia delle Entrate (utilizzando i modelli AA9/10 per le persone fisiche, AA7/10 per i soggetti diversi da persone fisiche e ANR/3 per i non residenti), entro trenta giorni dalla data di ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione dell’azienda.
Ad oggi, vi sono circa otto milioni di partite IVA attive, ma di queste soltanto cinque milioni risultano associate a posizioni fiscali per cui sono state regolarmente trasmesse tutte le dichiarazioni. Da ciò emerge, evidentemente, che molte partite IVA, pur risultando ancora operative, sono in realtà inattive.
Al fine di “eliminare” dal database dell’Amministrazione finanziaria tali partite IVA inattive, con conseguente ridimensionamento delle banche dati da gestire e consolidamento degli studi statistici, oltre che con un reale potenziamento dell’analisi del rischio su tutta la platea dei contribuenti IVA, il Legislatore della manovra correttiva dello scorso luglio ha introdotto una sanatoria sulle omesse dichiarazioni di cessazione di attività, non presentate dai contribuenti in relazione a quei tre milioni di partite IVA che risultano sostanzialmente “abbandonate”. In particolare, l’articolo 23, comma 23, del DL 98/2011 dispone che i titolari di partita IVA che, sebbene obbligati, non abbiano tempestivamente presentato la dichiarazione di cessazione di attività di cui all’articolo 35, comma 3, del DPR 633/1972, possono sanare la violazione versando un importo pari alla sanzione minima indicata nell’articolo 5, comma 6, primo periodo, del D.Lgs. 471/1997, ridotta ad un quarto, ovvero pari a 129 euro. La disposizione si applica sempre che la violazione non sia già stata constatata con atto portato a conoscenza del contribuente. L’originario termine di scadenza per il versamento era fissato dalla norma a novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, ovvero entro il 4 ottobre 2011. L’articolo 29, comma 6, del DL 216/2011 proroga ora il predetto termine al 31 marzo 2012, che, cadendo di sabato, slitta al successivo 2 aprile.
A tal proposito, si rendono ancora applicabili le istruzioni fornite dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 93 del 21 settembre 2011, con cui era stato stabilito che oltre al versamento di 129 euro, da effettuarsi tramite il modello “F24 Versamenti con elementi identificativi”, utilizzando il codice tributo “8110” e indicando la partita IVA a cui si riferisce al sanatoria (risoluzione n. 72 dell’11 luglio 2011), non è richiesta la presentazione della copia del pagamento effettuato agli uffici dell’Agenzia delle Entrate, considerato che i dati dei pagamenti vengono telematicamente acquisiti a sistema, ma soprattutto non è richiesta la presentazione della dichiarazione di cessazione attività tramite gli anzidetti modelli, in quanto l’effettuazione del versamento nelle forme descritte sostituisce la presentazione della dichiarazione di cui all’articolo 35 del DPR 633/1972. Nello stesso documento di prassi, peraltro, l’Agenzia delle Entrate ha altresì precisato che, con il versamento della sanzione di 129 euro, sono sanate anche le irregolarità derivanti dalla mancata presentazione delle dichiarazioni IVA, nonché delle dichiarazioni dei redditi limitatamente ai redditi di impresa e di lavoro autonomo, con importi pari a zero, in relazione ai periodi successivi all’anno di effettiva cessazione dell’attività risultante dal modello di pagamento.
È opportuno ricordare, infine, che l’articolo 23, comma 22, del DL 98/2011 ha aggiunto il nuovo comma 15-quinquies al già citato articolo 35 del DPR 633/1972, in base al quale l’attribuzione del numero di partita IVA è revocata d’ufficio qualora per tre annualità consecutive il titolare non abbia esercitato l’attività d’impresa o di arti e professioni, ovvero, se obbligato alla presentazione della dichiarazione annuale IVA, non abbia adempiuto a tale obbligo.
La mancata adesione alla sanatoria, da parte di quei soggetti che si trovano in una delle due situazioni sopra elencate, espone tali contribuenti, quindi, oltre che al provvedimento di chiusura d’ufficio della partita IVA, anche all’irrogazione della sanzione piena prevista in caso di omessa comunicazione di cessazione dell’attività, che può raggiungere un importo massimo di 2.065 euro ex articolo 5, comma 6, primo periodo, del DLgs. 471/1997.