mercoledì 21 dicembre 2011

Dietrofront della Cassazione sul valore del «redditometro»


Pareva troppo bello poter affermare che, dopo la sentenza n. 13289 della Cassazione, la difesa contro gli accertamenti da redditometro potesse essere strutturata come se le risultanze dei coefficienti fossero una presunzione semplice.
Infatti, con la sentenza n. 27545 depositata ieri, ecco il dietrofront della Corte di Cassazione: le risultanze derivanti dai coefficienti ministeriali relativi al cosiddetto “redditometro” costituiscono presunzioni legali per cui, da un lato, il contribuente non può impugnare il coefficiente di redditività oggettivamente considerato, dall’altro il giudice non può togliere, di sua volontà, la capacità contributiva presunta dai decreti ma solo valutare la prova contraria indicata dal contribuente (possesso di redditi esenti, soggetti a imposizione alla fonte o, per usare un termine più attuale, “legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile”, visto che così è strutturato il “nuovo” art. 38 del DPR 600/73).
La precedente sentenza, invece, andava in tutt’altra direzione, visto che l’accertamento sintetico era stato trattato alla stregua di un accertamento da studi di settore. In forza di ciò, la capacità contributiva presunta che deriva dai coefficienti non può che formarsi nel contraddittorio tra le parti e il contribuente ben può dimostrare che, in realtà, le spese presunte dai decreti, nella specie, non corrispondono a realtà.
Se così fosse, il cosiddetto “redditometro”, dal punto di vista delle possibilità di difesa, diventerebbe un’arma molto meno potente nelle mani del Fisco, posto che, almeno in base ai “vecchi” coefficienti, non appare molte volte difficile sostenere che l’imputazione reddituale presunta sia irrazionale.
Si pensi che il possesso di una vecchia auto imputa una capacità di spesa superiore a 20.000 euro annui, il che non è di certo ovvio; inoltre il contribuente ben potrebbe possedere un’auto di super lusso e dimostrare, chilometri alla mano, di non aver mai fatto benzina e addirittura di non aver pagato né bollo né assicurazione, il che toglierebbe valore, nel caso di specie, alla capacità di spesa presunta.
Come visto, purtroppo la Suprema Corte è tornata sulle sue posizioni, riaffermando la natura di presunzione legale dei coefficienti.
Si evidenzia che, comunque, la giurisprudenza di merito ha già affermato in talune occasioni che l’accertamento sintetico, appartenendo alla categoria degli accertamenti standardizzati, dal punto di vista difensivo deve essere vagliato alla stregua di un accertamento da studi di settore, con tutte le conseguenze che ne derivano.
Urge quindi un intervento delle Sezioni Unite, strumentale ad assimilare, una volta per tutte, l’accertamento di tipo sintetico ad una rettifica da studi di settore.


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