La cosa più
evidente, e nella sua semplicità davvero rivoluzionaria, è che per la prima
volta viene introdotta una definizione di startup che abbia un valore
normativo, al di là delle elucubrazioni degli addetti ai lavori. In gran parte
il governo ha accolto qui i suggerimenti del rapporto Restart Italia!, di cui
avevamo già parlato (e sarebbe stato strano il contrario, dopo che il gruppo di
lavoro aveva lavorato diversi mesi a diretto contatto con il ministro).
Quindi (art.
25): per potersi fregiare dell'appellativo di startup - e accedere quindi ai
relativi finanziamenti - bisogna che l'atto costitutivo della società risalga
al massimo a due anni prima; l'azienda non deve aver distribuito utili e avere
un fatturato non superiore ai cinque milioni di euro, avere sede in
Italia e rispondere ad altri requisiti inseriti per evitare che possano essere
fatti " giochini", (ad esempio, il non essere frutto di
cessione o fusione).
Spunta anche
l'" incubatore certificato"; oltre a essere definito come
" una società di capitali di diritto italiano, o di una Societas
Europaea, residente in Italia", si dice che " i requisiti
che gli incubatori devono possedere sono legati alla disponibilità di
risorse materiali e professionali per svolgere tale attività".
Tradotto significa in pratica che l'incubatore deve disporre di immobili dove
accogliere le nuove aziende, attrezzature adeguate, competenze, legami di
collaborazione e partnership con Università e centri di ricerca. Tali requisiti
verranno prodotti per autocertificazione.
Un'ottima cosa,
nel segno della trasparenza, è la creazione di una sezione apposita
del Registro delle Imprese in cui dovranno obbligatoriamente iscriversi
startup e incubatori. I soldi. Sono anche più quanto si era prefigurato in un
primo momento (si mormorava di 60 milioni di euro). Invece, si legge nel documento:
"per le startup vengono messi subito a disposizione circa 200
milioni di euro, tra i fondi stanziati dal decreto sotto forma di incentivi e
fondi per investimento messi a disposizione dal Fondo Italiano Investimenti
della Cassa Depositi e Prestiti (vedi update*).
Nelle prossime
settimane, con un apposito decreto ministeriale, saranno stanziate ulteriori
risorse per nuove imprese presenti nel Mezzogiorno". La norma, a regime,
impegnerà 110 milioni di euro ogni anno per incentivare le imprese
innovative. A ciò si aggiunge la previsone, contenuta nell'articolo 30, di un canale
agevolato di accesso al credito per le startup, che " potranno
usufruire gratis e in modo semplificato del Fondo centrale di garanzia per le
piccole e medie imprese, anche mediante la previsione di condizioni di favore
in termini di copertura e di importo massimo garantito".
Parecchie novità
anche sul fronte dello snellimento burocratico e dei costi necessari per
avviare l'attività: come l’esonero, per i primi quattro anni, dai diritti di
bollo e di segreteria per l’iscrizione al Registro delle Imprese, e quello dal
pagamento del diritto annuale dovuto alle Camere di commercio.
Il governo ha
accolto inoltre la proposta, avanzata dalla task force e mutuata dal modello
anglosassone, di associare (art.29) al rischio di impresa dipendenti e
collaboratori, tramite l'assegnazione di quote o azioni della startup. In
pratica le persone vengono motivate a investire sul futuro dell'azienda,
sperando di condividere magari oltre ai tempi duri, anche l'eventuale successo.
Cambia anche la
procedura del fallimento, uno dei peggiori spauracchi per chi voglia
avviare un'impresa: nel caso delle startup, visto l'elevato e fisiologico tasso
di mortalità, nel caso l'avventura non porti frutti, non si prevede la perdita
di capacità dell’imprenditore ma la "mera segregazione del patrimonio
destinato alla soddisfazione dei creditori" (art. 31).
Dulcis in
fundo, il ministro dello Sviluppo economico dovrà presentare entro il primo
marzo di ogni anno una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni
in materia di startup innovative, mettendo in rilievo soprattutto l’impatto di
tali norme sulla crescita e l’occupazione.
*Update
La parte
relativa ai fondi messi a disposizione dalla Cassa Depositi e Prestiti non ha
poi trovato attuazione nel decreto vero e proprio, pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale. Una delle critiche mosse al provvedimento finale è stata proprio
quella di non prevedere un'iniezione diretta di liquidità nel sistema.
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